Dalla stampa apprendiamo, senza ovviamente stupirci, che soltanto nella provincia di Treviso la Guardia di Finanza ha scoperto che il 58% delle aziende cinesi dichiara reddito zero e che addirittura molte di queste beneficiano di aiuti statali; che le 15.000 partite iva aperte negli ultimi dodici anni da imprenditori cinesi hanno accumulato un debito fiscale stimato di circa 900 milioni di euro, a cui bisogna aggiungere 260 milioni di contributi mai versati all’Inps. Ovviamente soltanto poco più del 3% di queste cifre è stato recuperato dall’efficiente macchina dello stato, la stessa macchina che vessa quello che resta della piccola e media impresa italiana, quella che riesce a stento a sopravvivere nonostante tutto, comprese le misure restrittive imposte per il contenimento dell’epidemia dovuta al virus Covid19, virus che oltretutto pare abbia una paternità cinese.

Sforzandosi di essere ottimisti, verrebbe da dire: “Meglio tardi che mai”. In realtà nella provincia di Treviso sono semplicemente riusciti a scoprire l’acqua calda: per capire come si muove la comunità cinese in Italia sarebbe stato sufficiente osservare quello che è accaduto negli anni a Prato, una città ormai ostaggio del “Dragone”.

Non ci meraviglieremmo se un domani la GdF di Treviso scoprisse che, come a Prato, la comunità cinese, quella che per l’elettore medio del PD è composta da instancabili lavoratori, è riuscita ad imporsi, colonizzando interi quartieri, trasformandoli di fatto in porzioni dello Zhejiang e monopolizzando interi settori produttivi non solo grazie all’evasione fiscale, ma anche allo sfruttamento di manodopera clandestina, alla riduzione in schiavitù, e al controllo del territorio tramite vere e proprie gang: per citare uno dei tanti casi basta ricordare il caso “Hesan”, il monaco, colui che a Prato aveva quasi conquistato il monopolio dello spaccio di droga, del gioco d’azzardo e della prostituzione a colpi di mannaia e corrompendo agenti di polizia.

A Prato abbiamo un procuratore del calibro di Giuseppe Nicolosi che con i suoi collaboratori, da anni, nonostante tutto, cerca di mettere un argine a questi fenomeni, ma gli strumenti che ha attualmente a disposizione sono adeguati? Lo Stato attualmente ha gli strumenti, e soprattutto la volontà, necessari per contrastare quello che è di fatto un processo di sostituzione etnica e di distruzione della piccola e media impresa italiana? Tra un Lockdown e l’altro il tanto osannato Draghi avrà intenzione di intervenire in merito o si occuperà soltanto di fare il curatore fallimentare della nostra nazione? Cosa proporrà, se proporrà qualcosa, il caro Matteo Salvini, giustamente ma tardivamente impegnato per le riaperture serali dei ristoranti?”

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