La tragica morte del giovane Willy, che sarebbe stato ucciso da 4 praticanti di arti marziali, ha gettato benzina su un fuoco che già divampa da tempo. Non ci soffermeremo sulla morte del ragazzo in sé, poiché in molti stanno ampiamente trattando l’argomento e comunque è bene attendere gli sviluppi delle indagini prima di saltare a conclusioni affrettate. 

Ciò che andremo invece ad analizzare è la reazione, tanto assurda quanto pericolosa, che abbiamo conosciuto sulla rete e sui giornali. Questo, come molti casi, è stato sfruttato ampiamente per diffondere un’irrazionale “paura del fascismo”, termine di cui si reinventa quotidianamente il significato per appiccicarne l’etichetta alle persone e situazioni più bislacche.

In questo frangente si sono addirittura accusati i principali esponenti delle opposizioni di essere “mandanti morali” di questo fatto e di molti altri, al punto da giustificare ogni azione, che definiamo provocatoriamente “squadrista”, nei confronti delle destre e delle realtà del panorama identitario e sovranista.

Abbiamo anche visto un ridicolo j’accuse nei confronti delle arti marziali in generale, che sarebbero figlie di una cultura fascista incitante alla violenza. Ci sarebbe da ridere, se tale atteggiamento non fosse pericoloso. Coloro che si ammantano di cultura e mente aperta, definendo chiunque non sia in linea un analfabeta funzionale (parola che dà un certo tono a chi la pronuncia o scrive, per soddisfare il proprio ego), sono i primi a travisare i significati di fascismo e razzismo, quando basterebbe aprire un qualsiasi dizionario o un’enciclopedia per capirne il senso e formulare un giudizio critico. 

Gettare invece nel calderone “fascista” tutto ciò che indigna la cultura mainstream è una vera e propria minaccia alla libertà. Questo sporco stratagemma, proprio di ogni dittatura, cerca un nemico contro cui scagliarsi più o meno legalmente per imporre il proprio pensiero, diffondendo paura e odio nei confronti di un fantasma. È sufficiente quindi che un qualsiasi avversario politico non sia esattamente in linea col pensiero unico per additarlo come “fascista” e tappargli la bocca, sovente in maniera anche violenta. Questo a prescindere da se l’accusato condivida il pensiero del corporativismo, della socializzazione, del sindacalismo rivoluzionario, del futurismo, dello Stato organico gerarchico ed etico. 

La parola “fascismo”, che fa ancora paura, diventa quindi l’arma di una sinistra in agonia, e proprio questa condizione la rende più violenta e paranoica, sia nelle piazze che nelle aule che sui giornali. E ancora, vediamo vip e influencer contribuire ad alimentare questa fobia tramite i social network, aizzando continuamente la popolazione. Coloro che condividono tali pensieri diventano quindi i nuovi, veri analfabeti funzionali, quelli che lasciano che qualcun altro ragioni al loro posto e utilizzano parole e concetti del tutto travisati. 

Si è addirittura parlato di “cultura fascista” come unica causa dell’omicidio. Ma in cosa consisterebbe questa “cultura fascista”? Nella violenza? Eppure questa è sempre esistita, in ogni contesto, in ogni tempo, in ogni forma di Stato. È quindi la violenza la discriminante tra cosa è fascista e cosa non lo è? E se anche fosse vero, che senso ha festeggiare il 25 aprile se il fascismo non è stato sconfitto, ma comanda ancora il nostro modo di essere, di pensare e di agire?

Ci dicono che le frontiere, le nozze tra sessi diversi, la cultura religiosa, la sicurezza, l’identità nazionale, la socialità e molto altro siano un retaggio fascista, eppure la maggior parte di questi aspetti li troviamo ovunque nel mondo e nella storia. Vuol dire che il mondo è sempre stato fascista? Vuol dire che il mondo è ancora fascista?

Ormai non sappiamo più che significato dare alla parola, ma sappiamo che l’antifascismo oggi è diventato una vera e propria ossessione paranoica, una sorta di malattia mentale che sta lacerando il tessuto sociale e mina quella stessa democrazia che l’antifascismo si vanta di proteggere. 

E per la cronaca, appurato che i fatti siano andati come sono descritti, definire fascisti 4 palestrati che assomigliano a dei tronisti è un insulto. Per i fascisti.

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