È notizia di pochi giorni fa la sentenza di un Giudice di Pace di Frosinone che ha annullato un’ordinanza-ingiunzione emessa dalla Prefettura di quella città contro un trasgressore dei divieti di spostamento.

Che le misure adottate dal premier Conte (“l’avvocato degli Italiani”…) e dal suo governo per fronteggiare la crisi del Covid sul piano normativo (come su quello sanitario) fossero giuridicamente traballanti – se non tout court incostituzionali – lo avevano affermato in molti.

E la conferma è arrivata alla prima occasione.

A dire il vero, molte perplessità sorgono dall’esclusione, affermata in questa decisione, della pandemia dal novero delle “calamità naturali” previste dal D.Lgs. n. 1 del 2018 – le norme sulla Protezione Civile – e dunque della conseguente dichiarata illegittimità dello ‘stato di emergenza’ proclamato il 31 gennaio scorso: ridurre gli “eventi calamitosi” di origine naturale a terremoti, alluvioni, maremoti ma non a eccezionali diffusioni morbose pare davvero poco sostenibile.

A parte questa doverosa precisazione, sono invece del tutto logiche ed evidenti le ulteriori considerazioni espresse nella sentenza.

Un DCPM – Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – ossia un atto amministrativo, non può creare norme di carattere generale (addirittura incidenti su diritti costituzionali), neanche se autorizzato da un Decreto legge (addirittura successivo, quasi a mò di sanatoria di precedenti castronerie), che peraltro ha lasciato all’iniziativa del singolo (l’autoproclamatosi avvocato degli Italiani, appunto) la portata di quelle disposizioni, addirittura introducendo sanzioni penali; roba da far impallidire una matricola della facoltà di giurisprudenza.

Inoltre, ogni limitazione alla libertà personale non solo deve essere prevista dalla legge ma deve essere disposta dall’autorità giudiziaria, come stabilisce l’articolo 13 della Costituzione.

Infine, la norma costituzionale, l’articolo 16, che ammette limitazioni alla circolazione per motivi di sanità e di sicurezza, può al massimo impedire l’accesso a luoghi determinati ma non può imporre un divieto generalizzato di movimento e di spostamento, risolvendosi altrimenti in una limitazione della libertà personale.

Insomma, un pastrocchio ricamato da incompetenti, che tali si erano dimostrati fin dall’inizio, anche nell’uso della lingua: memorabile l’espressione usata nel DCPM dell’8 marzo: “evitare ogni spostamento delle persone fisiche all’interno dei medesimi territori...”. E certo, bisognava specificare che il divieto non riguardava le persone giuridiche, vedi mai che una società volesse farsi due passi a piedi fuori dalla porta…

Dunque – e limitandoci al solo aspetto giuridico della faccenda –  sono stati imposti arresti domiciliari di massa, minacciate e inflitte sanzioni a manetta, scatenati controlli da stato di polizia, rincorse persone isolate sulle spiagge, chiusi negozi e attività.

Il bellimbusto Conte sarebbe quindi “l’avvocato degli Italiani”? C’è di che piegarsi dalle risate.

Tale onorevole qualifica, caso mai, la merita Emilio Manganiello, avvocato e giudice di Pace di Frosinone.

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