Quali obiettivi dovrebbe avere una testata culturale di Area, nella fase attuale caratterizzata da rivolgimenti frenetici e traumatici? Le voci che oggi si levano contro la normalizzazione totale, l’omogeneizzazione generale in atto, sono più di una, ma certamente ancora pochissime al confronto della massa di quelle asservite al Sistema mondialista. Non si tratta tuttavia di aggiungere semplicemente una voce a un coro di dissenzienti, ma piuttosto di andare a occupare – anzi: a presidiare – una serie di posizioni strategiche irrinunciabili sul fronte culturale.

Perché oggi, la sacralità della vita innocente dal concepimento alla sua fine naturale, l’identità nazionale, religiosa, persino sessuale, la Famiglia degna di questo nome, vale a dire quella vera, la fedeltà al proprio popolo e alla propria civiltà sul piano del sangue, della cultura, della storia, e poi la difesa e la ripresa della Fede dei nostri antenati, la giustizia sociale assicurata e tutelata dallo Stato, la dignità del lavoro reale, la riconquista dell’interno del territorio nazionale a partire dalle nostre città ormai invase e degradate, il dovere di tutelare il patrimonio spirituale, morale e materiale ereditato dai padri e di consegnarlo intatto e, se possibile, rafforzato ai figli, non costituiscono più concetti scontati e interiorizzati dalla maggioranza, ma da diversi decenni sono come cittadelle isolate e assediate, punti fortificati circondati da nemici selvaggi incapaci di comprendere la stessa essenza della nostra civiltà e anzi, decisi a distruggerla. E quando questi selvaggi siedono nelle redazioni o sulle cattedre sono ancora più ostili e dannosi.

Certo, essendo ben radicati nella stessa natura umana, questi concetti da salvare sono posti “in alto”, su posizioni dominanti, e non sarà facile per il nemico annientarli. Tuttavia, nessuna posizione fortificata – dalla antica città cinta di mura al bunker moderno passando dal castello – può essere lasciata sguarnita e per quanto alta e granitica ha pur sempre bisogno di un presidio, appunto, cioè di una guarnigione anche piccola ma armata, disciplinata, persino fanatica se necessario, votata alla sua difesa ad oltranza. In un’epoca caratterizzata dai cedimenti, dai compromessi, dalle rese mascherate da accordi “ragionevoli”, un presidio degno di questo nome si distingue perché rifiuta anche solo di prendere in considerazione le proposte nemiche. Non si aprono le porte, non si accettano cavalli di legno donati dal nemico, non si abbassano i ponti levatoi se non per fare uscire la propria cavalleria, caricare i nemici e spezzare l’assedio. Come negli assedi di Vienna, Szigetvar, Rodi, Budapest e tanti altri, i soldati di presidio combattono durante gli assalti dell’avversario, ma anche nelle notti apparentemente tranquille restano a vegliare nelle tenebre per sventare le manovre nemiche.

Per troppo tempo, la lotta culturale è stata vista e interpretata quasi come una attività teorica, fine a sé stessa o comunque in funzione di una riscossa destinata a un futuro lontano, imprevedibile. Anche nell’ambiente della cosiddetta Destra Radicale, si è affrontato a lungo il lavoro culturale come una guardia al deserto dei tartari: un legittimo e doveroso “tenere le posizioni” in funzione delle future generazioni destinate a raccogliere il testimone. L’accelerazione in atto ha cambiato questa prospettiva. I tartari sono arrivati, le loro colonne alzano nubi di polvere che ammorbano l’aria e oscurano il cielo. Ogni difensore è chiamato al suo posto di combattimento.   

Ma se la difesa è il primo compito di un presidio, immediatamente dopo vengono il controllo del territorio circostante, la sortita, la riconquista. La miglior difesa è l’attacco, anche nella lotta culturale e nel nostro caso, non vogliamo limitarci a rinsaldare l’ambiente fedele e a noi caro che già ruotava intorno a Ordine Futuro – redattori, collaboratori, lettori, circoli sul territorio – ma intendiamo fornire idee, informazioni e analisi alle comunità militanti de La Rete e a tutte le realtà umane e politiche che si stanno collegando per l’auspicata formazione di un unico Blocco Nazionale. Un Blocco che dovrà essere operativo sul piano politico militante, su quello delle attività sociali e di radicamento sul territorio, ma anche su quello dell’elaborazione e diffusione di cultura. Una cultura che non sarà pura teoria fine a sé stessa, ma neppure lancio di slogan retorici e scontati. Sarà una cultura militante, mirata alle battaglie sociali che ci aspettano, in grado di fornire le munizioni ideali ai soldati politici del Blocco Nazionale, e di dare a tutta la nostra Area le chiavi di lettura degli eventi presenti e futuri. Eventi che probabilmente non saranno per nulla tranquillizzanti, anzi… ma proprio per questo particolarmente affascinanti.      

La nascita della nostra iniziativa da una parte si innesta su anni di attività culturale controcorrente, ma dall’altra si inserisce in una situazione storica nuova e caotica. Di fronte al mondialismo che vorrebbe “chiudere i giochi” una volta per tutte, si registra un aumento di reattività popolare come non si vedeva da decenni: aumenta il numero di persone che hanno voglia di sapere, di capire, talvolta anche di agire. Spesso, questa reattività è però priva di orientamento ideologico e di contenuto dottrinario e quindi anche di concretezza politica. È dunque non solo nostro diritto, ma ancor più dovere, fornire a questa reazione popolare appena avviata le giuste coordinate ideali.

Come dice Catilina quando gli viene chiesto quale sia il suo programma politico, ci sono due avversari che si affrontano. Il primo, l’Oligarchia finanziaria, ha una mente corrotta e un corpo gracile; il secondo, il Popolo, ha un corpo forte e sano, ma è senza testa. Il compito storico dei catilinari è quello di fornire al Popolo una mente sana e onesta per condurlo alla vittoria. La nostra missione oggi, è ancora la stessa. La tragicità della situazione attuale ci impone questo compito storico: dare al nostro Popolo una mente sana e condurlo alla vittoria nella sua lotta contro l’Oligarchia corrotta. E questo intendiamo essere: i catilinari del Terzo Millennio.

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