VENEZIA: LA “MADONNA PELLEGRINA” TRA SCANDALI DI PRETI.

A Venezia in questi giorni c’è grande curiosità perchè è in arrivo la “Madonna Pellegrina di Fatima”. Arriverà la statua numero 3, la 5 o la 9? Sono infatti 13 le “repliche” dell’originale realizzate e autorizzate. Per Venezia sarebbe auspicabile la 13, nella speranza che possa portare fortuna alla Chiesa veneziana travolta e dilaniata da gravissimi scandali legati alle diffamazioni di decine di preti, Vicario generale don Angelo Pagan e il Patriarca Francesco Moraglia, operate dal cosiddetto “corvo” e che riguardano accuse circa le condotte indegne del clero veneziano che purtroppo stanno emergendo nel processo in corso, tra atti sessuali nel Seminario Patriarcale, azioni predatorie nelle parrocchie, atti di adescamento e di denudamenti di minori dopo il catechismo.

L’ha “invitata” il parroco della chiesa di San Salvador don Roberto Donadoni che, durante la sua testimonianza resa al processo per le gravi accuse a lui rivolte dal “corvo”, ha rivelato i soprannomi che il D’Antiga riservava al Patriarca di Venezia Francesco Moraglia:
“bastardo, duce, dragone, dagli occhi roteanti.”: un ambiente fraterno!

Tra il clero diocesano infatti vi era anche l’ex sacerdote Massimiliano D’Antiga che lo scrivente, con denunce sin dal 2014, ne ha evidenziato i di lui decenni di abusi di ministero, le chiese usate come bancomat di famiglia, offerte ed eredità carpite, ottenendone, dopo aver adito le massime autorità vaticane, il trasferimento dalle di lui chiese di San Zulian e San Salvador nel 2018, e successivamente rinviato a giudizio in un processo canonico extra- giudiziale con la pena della “riduzione allo stato laicale”.

Sentenza suprema e inappellabile di S.S. Papa Francesco emessa nel dicembre 2020 con le seguenti accuse: “istigazione alla rivalità, all’odio e alla disobbedienza”, “lesione illegittima della buona fama”, “abuso della potestà ecclesiastica”, e di inosservanza del “dovere di conservare sempre la comunione con la Chiesa”, del “dovere dei chierici di condurre una vita semplice e del distacco dai beni” e “dell’obbligo di astenersi da ciò che è sconveniente e alieno dallo stato clericale”… Le ragioni dello scrivente sono state dunque tutte appurate. Una “battaglia” inaudita, con schiere di fedeli-seguaci dell’ex prete e suoi familiari uniti nell’intento di avversare chi scrive, anche con false accuse rese all’autorità giudiziaria nel tentativo di farmi incriminare e soccombere in ogni modo. Minacce, plurime aggressioni avvenute anche all’interno delle chiese, lesioni, ingiurie, diffamazioni, pedinamenti… Lo scrivente ha dovuto provvedere a denunciare oltre trenta persone con rinvii a giudizio e processi in corso. Per oltre quattro anni il Patriarca Moraglia e il vicario Angelo Pagan hanno ignorato ogni mia segnalazione e denuncia, con esecrabile protervia ed ignavia rispetto ai loro doveri di governare la diocesi. Mai una solidarietà espressa, mai le necessarie scuse per il loro assordante silenzio ed inerzia. Se mi avessero ascoltato talune condotte sarebbero state circoscritte e perseguite senza generare gli attuali scandali che hanno investito purtroppo la S.Chiesa che è e resta Istituzione Sacra che va difesa da chi è indegno di esserne ministro.

Lasciando da parte le faide tra preti, a Venezia, ma come del resto avviene anche in altre realtà ecclesiastiche, è in corso in questi giorni una grande operazione di marketing e mercimonio con chiese che vengono ridotte a botteghe per la vendita di gadget, foulard, e chiaramente raccolte di offerte a gogo. Pure il Patriarca Moraglia vi partecipa e si fa “sponsor”, tra cortei, bande e rosari. Peraltro Moraglia, nell’omelia della celebrazione nella Basilica Marciana nella solennità appena trascorsa del Patrono San Marco, venerassimo dai veneziani e dalle genti venete, invece di attenersi ai suoi compiti di pastore ed elargire riflessioni spirituali, non ha trovato di meglio che reclamare soldi e contributi alle Istituzioni dello Stato per le opere diocesane. Il Patriarca Francesco Moraglia veste di rosso per antichi privilegi concessi alla sede patriarcale di Venezia, ma non è Cardinale ma “solo” Vescovo: da decenni brama l’agognata porpora della quale però si può fregiare solo nei paramenti.

il Patriarca mons. Francesco Moraglia intento ad accogliere la Madonna Pellegrina a Venezia

Taluni presbiteri e catechisti affermano ai fedeli che è la “vera” Madonna di Fatima che giunge, creando dunque situazioni di incomprensione ma anche di potenziale e facile inganno e disorientamento spirituale. Dubbi di fedeli e cittadini che io stesso ho comprovato con tante persone che mi chiedevano chiarimenti in merito.

Perchè dunque non si dice chiaramente ai fedeli che NON E’ LA MADONNA DI FATIMA ma una delle ben 13 COPIE che girano per il mondo? “ PELLEGRINE ” appunto.
La Madonna di Fatima è e rimane a Fatima, nel luogo delle apparizioni e nel Santuario a Lei dedicato. E dunque nasce la domanda: perchè tanto clamore per una replica?

Non vi sono già statue di Madonne in ogni chiesa?
Servono show con elicotteri, cortei acquatici, scorte, bande, per celebrarne l’arrivo?
Anima i vari incontri la “comunità Shalom”, già al centro di scandali e indagini giudiziarie, con assoluzioni ma anche con nuove accuse, denunce ed inchieste giornalistiche in corso, tra le quali quella di “Fanpage” e “Piazza Pulita” che hanno già dedicato in queste settimane ben tre puntate a questa pseudo suora e dei metodi terapeutici da lei adottati.
Più che la Madonna, spesso usata solo per “mammona”, servirebbe la Finanza.

Come non riferirsi qui al celebre episodio evangelico de “La cacciata dei mercanti dal Tempio di Gerusalemme”, che rappresenta un atto di ribellione di Gesù nei confronti di una tradizione religiosa ormai desueta e corrotta, a favore della nuova purezza di spirito e della speranza che Lui è venuto a portare. Siamo abituati a pensare a Gesù come a un uomo buono e mite, mai preda dell’ira e sempre pronto a dispensare amore, a porgere l’altra guancia, come Lui stesso ci ha insegnato. Eppure in questa particolare episodio, raccontato con alcune differenze in tutti i Vangeli canonici (Marco 11, 7-19; Matteo 21, 8-19; Luca 19, 45-48; Giovanni 2, 12-25) Gesù ha una reazione rabbiosa, perfino violenta, verso i mercanti che conducono i propri affari nel Tempio.

Addirittura nel Vangelo di Giovanni leggiamo che Gesù fabbricò una sferza da usare contro chi si opponeva al suo monito: “Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi” (Giovanni 2, 15)

Quando i profeti parlavano di prostituzione nel tempio, intendevano questo culto, tanto pio quanto offensivo di Dio, quando il fedele vuole gestire Dio: io ti do preghiere e sacrifici, tu mi dai sicurezza e salute.
L’amore non si compra, non si mendica, non si impone, non si finge.

Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino (Cento, 1591 – Ferrara, 1666) Genova, Musei di Strada Nuova – Palazzo Rosso.

Si organizza un evento, volutamente “clamoroso”, con la speranza che possa riempire le chiese che tendono a diventare sempre più vuote. In Italia i “praticanti” sono scesi in dieci anni dal 30% al 25%; tra i giovani (18-29 anni) i praticanti sono solo il 12%, e continuano a calare di quasi il 2% l’anno. Da cosa dipende questa disaffezione che colpisce l’Europa e il mondo economicamente sviluppato, molto meno l’Africa o l’America Latina? Le motivazioni consuete le conosciamo: la secolarizzazione, il consumismo, il relativismo etico.

Riprendo qui gli scritti di Massimo Borghesi nel dibattito suscitato da Giorgio Gawrosnski con il suo articolo del 22 febbraio 2021 “Le chiese vuote e l’Umanesimo integrale”, che costituisce una delle discussioni interessanti che agitano, attualmente, il pensiero cattolico. Ciò che difetta al cattolicesimo odierno è la categoria di “incontro”.

Una categoria che attraversa e supera la distinzione tra destra e sinistra e che consente di andare direttamente al cuore dell’umano.
Come può oggi la Chiesa raggiungere questo “cuore”?

Questa è la domanda che occorre porsi di fronte allo spettacolo delle chiese occupate dai soli anziani, o che per riempirle per qualche giorno, si organizzano manifestazioni che si prestano a spettacolarizzazioni e mercificazioni.

Rispondendo ad essa Papa Francesco ha affermato, il 13 settembre 2018: «La teologia, infatti, non può essere astratta -se fosse astratta, sarebbe ideologia-, perché nasce da una conoscenza esistenziale, nasce dall’incontro col Verbo fatto carne!
La teologia è chiamata allora a comunicare la concretezza del Dio amore. Oggi, infatti, ci si concentra meno, rispetto al passato, sul concetto e più sul “sentire”. Può non piacere, ma è un dato di fatto: si parte da quello che si sente. La teologia non può certamente ridursi a sentimento, ma non può nemmeno ignorare che in molte parti del mondo l’approccio alle questioni vitali non inizia più dalle domande ultime o dalle esigenze sociali, ma da ciò che la persona avverte emotivamente.

Il Papa fa qui un’affermazione di grande rilievo: “L’approccio alle questioni vitali non inizia più dalle domande ultime o dalle esigenze sociali, ma da ciò che la persona avverte emotivamente”. Come a dire che la linea d’onda lungo la quale il cristianesimo può incontrare il mondo non è più quella filosofica degli anni ’50, segnati dall’esistenzialismo e dalle domande sul senso della vita, né quella politica degli anni ’70, segnati dall’impegno militante e ideologico del marxismo, ma trova la sua possibilità in una sensibilità nuova che caratterizza l’ora presente. Questo è un giudizio storico che motiva l’insistenza con cui Francesco parla della tenerezza di Dio. L’uomo di oggi è, nella sua fragilità, particolarmente ricettivo alla dimensione affettiva.

Nel “mondo senza legami”, nella società liquida, il tema del senso della vita non rappresenta la conclusione di un ragionamento logico quanto l’esito della scoperta di sentirsi amati, voluti bene. A questa responsabilità “affettiva” sono oggi chiamati in primis i presbiteri e i religiosi, uomini e donne. Le chiese sono vuote quando i pastori invece di essere tali sono burocrati, funzionari, impiegati.

Il problema della Chiesa odierna è che difetta troppo spesso di pastori, di persone che amano Cristo e condividono la vita di coloro che sono loro affidati. La secolarizzazione rappresenta, da questo punto di vista, l’alibi che nasconde il vuoto di fede e di tenerezza, la distanza tra le parole, spesso altisonanti e melliflue delle omelie, e la prossimità reale capace di saluti e di gesti. Là dove il pastore è un uomo di Dio che si fa tutto a tutti, lì le chiese tornano miracolosamente piene.

L’uomo odierno, il giovane di oggi, non ha perso il senso dell’amore divino.

La Madonna di Fatima scelse il cuore innocente e la semplicità dei piccoli per spingerci ad avere cura degli ultimi. Non credo abbisogni di cortei e scorte, show, gadget e vanaglorie di un parroco e di un Patriarca in camice di pizzo e sottane ricamate,
ma della nostra conversione.

Sit nomen Domini benedictum.

Alessandro prof. dott. Tamborini
San Marco, Venezia.
*Plenipotenziario per le politiche di tutela e promozione del patrimonio storico-artistico-demo-etno- antropologico. Teologo, cattedratico e studioso di Scienze Religiose, Storia e Simbolismo dell’Arte Antica e Medievale.

Lucia dos Santos, Francisco e Giacinta Marto: sono questi i nomi dei 3 pastorelli che il 13 maggio del 1917 videro apparire in cielo la Madonna di Fatima. Dopo aver portato le pecore al pascolo in un campo chiamato Cova da Iria, i bambini, tutti analfabeti e di età compresa fra i 7 e i 10 anni, si trovarono di fronte ad una signora che disse di essere la Madre di Dio. A loro la S. Vergine rivelò i 3 segreti durante più apparizioni.

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