Il Recovery Fund, con la benedizione della Germania, ormai è in dirittura di arrivo. Non ci nascondiamo la portata dell’accadimento dietro ad argomentazioni vere ma inessenziali.

Certo, si può argomentare che i fondi sono ancora pochi rispetto alla porta della recessione in essere e che, attivati nel 2021, arriveranno pure in ritardo. Potremmo questionare sul fatto che non siano esattamente concessioni a fondo perduto, che gli stati dovranno comunque aumentare i propri contribuiti al budget UE o che probabilmente il fondo sarà finanziato pure con nuove tasse a livello europeo. Tralasciamo pure la facile polemica che si potrebbe aprire sull’opportunità di destinare, davanti alla gravità dello scenario economico, risorse per fantomatici investimenti “green” dalla più che dubbia utilità.

Tutto vero, tutto importante eppure tutto secondario. Il cuore del problema, che è pura la ragione di esultanza degli eurofili di ogni dove, è altro. Il Recovery Fund, in un modo o nell’altro, emetterà debito a livello comunitario e ridistribuirà risorse all’interno della UE. Un passo è fatto, è qualcosa che apre un mondo nuovo nel processo di costruzione del superstato federale della UE.

Il passo, come sempre, è molto sinistro. La Commissione si arroga prerogative di esecutivo politico e prende di fatto in mano la gestione corrente degli affari interni dei singoli stati membri. L’accesso al fondo implicherà, in un modo o nell’altro, un controllo di insieme della Commissione sulle politiche di spesa dei governi nazionali e, nello specifico, un controllo totale della Commissione sulle risorse raccolte col debito comune in emissione.

Significa trasformare l’Italia da nazione sovrana ad entità regionale di un nuovo organismo federale. Significa raggiungere il sogno, elaborato decenni addietro all’ombra delle logge, dei ‘padri fondatori’ dell’UE: imporre ai popoli un’unione politica senza che questi si siano mai espressi al riguardo.

Presentare le sottrazioni di libertà e di sovranità come atti di solidarietà comunitaria, come necessarie distorsioni di un meccanismo economico appositamente predisposto per essere disfunzionante in tempi di crisi, in modo da rendere le crisi “occasioni” per ulteriori livelli di integrazione.

Senza essere disfattisti ma solo freddamente lucidi: il passaggio del Recovery Fund è la linea del Piave di sopravvivenza dello Stato Italiano in quanto Stato. Caduta quella linea nulla sarà più difendibile, organizzare un’uscita dall’euro praticamente impossibile, pretendere di esistere come nazione quasi ridicolo. La parola Italia tornerà ad essere una pura espressione geografica.

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