Ha suscitato ovvi scandali la scarcerazione di Giovanni Brusca, uno degli esecutori della strage di Capaci e colpevole di 150 omicidi a sfondo mafioso.

La decisione della magistratura avviene in seguito alla collaborazione di Brusca con la giustizia, che gli ha potuto permettere di scontare solo 25 anni di carcere a fronte dell’ergastolo. Una volta metabolizzata la giusta rabbia che ogni cittadino onesto deve provare, possiamo passare ad analizzare la questione in maniera civile e razionale.

Intanto è bene tener presente un fatto importante, ossia che la sfiducia nella magistratura deriva da un certo rigore per reati minori, che diminuisce via via con l’aumentare della gravità del reato. Molti fanno il paragone con il caso Corona, che sta scontando più anni di un assassino qualsiasi, ad esempio. Ma come mai questa morbidezza dei giudici verso crimini così atroci?

Per il caso Brusca, ciò deriva appunto dalla collaborazione che il reo ha reso agli inquirenti e che gli è valso un “premio”, ossia la libertà. Lo Stato, quindi, ha dovuto ricorrere ad un suo nemico per fermare un altro nemico: un’usanza che esiste dalla notte dei tempi, ma che ha visto progressivamente crescere le agevolazioni. Un tempo, e tuttora in alcuni Stati degli USA, chi collaborava veniva premiato commutando la pena capitale in ergastolo. Oggi, invece, lo sconto di pena arriva a partire dal massimo dell’ergastolo, che può far arrivare un periodo di detenzione per crimini di mafia a durare meno di una carcerazione per altri reati molto meno gravi. 

Allora sorge spontanea la domanda: non sarebbe più sensato reintrodurre la pena di morte per chi si macchia di certi delitti? Al di là del sentimento di vendetta, comprensibile nei familiari delle vittime, l’eliminazione fisica di certi delinquenti avrebbe senza dubbio solo risvolti positivi, checché ne dicano le associazioni per i diritti di Caino.

Basti pensare che un mafioso può essere, anzi è, pericoloso anche dietro le sbarre, riuscendo a gestire il suo piccolo impero anche dalla cella. E, sebbene pentito, non possiamo sapere se una volta uscito non commetterà ancora gli stessi crimini, senza contare che dovrà vivere sotto scorta a spese dei contribuenti.

Una proposta sensata sarebbe quindi quella di promettere l’ergastolo ai pentiti in un regime carcerario meno duro, invece di lasciarli in libertà.

Qualcuno pensa che la scarcerazione di Brusca sia una vittoria per lo Stato, in realtà si tratta della manifestazione dell’incapacità di combattere il fenomeno mafioso con decisione, dovendo scendere a patti con certi mostri.

Un mafioso deve temere lo Stato, non confidare che, qualora qualcosa vada storto, ci siano vie di uscita così. L’utilizzo dell’esercito nelle zone controllate dalla mafia e la reintroduzione della pena di morte sembrano quindi essere le sole soluzioni efficaci.

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