Un grande filosofo e storico della scienza francese, Paul-Michel Foucault (1926-1984), il cui pensiero è stato influenzato dal kantismo, dal marxismo e dall’esistenzialismo di Heidegger, nella sua opera “Le parole e le cose” del 1966, ha messo chiaramente in evidenza come il linguaggio sia profondamente connesso con le dinamiche del potere.

L’emergenza sanitaria da Sars-Cov2 lo ha dimostrato e lo dimostra. Il linguaggio, infatti, ripiegandosi su se stesso, si livella ad un puro statuto d’oggetto. In questo modo, la sua oggettivizzazione ne consente la maggiore fruibilità e manipolatività da parte del potere. Si fa ricorso alle “formule magiche”, quotidianamente utilizzate ed abusate, per semplificare il reale e celare pratiche funzionali ad instaurare e mantenere la paura.

Ecco allora che colui il quale esprime dubbi sul vaccino diventa un no vax; un operatore sanitario che manifesta le sue perplessità sulle linee guida aggiornate dal Ministero della Salute del 26 aprile 2021 è un irresponsabile e rischia l’avvio di un procedimento disciplinare da parte dell’Ordine di appartenenza; chi, pur nel rispetto del DPCM del 2 marzo 2021, non indossa i dispositivi di protezione delle vie respiratorie perché mantiene il distanziamento, è bollato come un “potenziale untore” di manzoniana memoria.

Pensiamo, a titolo esemplificativo, al termine “positivo”: qualora qualcuno dicesse: “oggi mi sento positivo”, si troverebbe molto probabilmente circondato da camici bianchi.

Dall’emergenza da Covid-19 siamo dunque passati all’emergenza del linguaggio che si fa “enzima del potere”. Alla contrapposizione tra pensiero ed essere propria della modernità (Cartesio), bisogna opporre il modo non sofistico degli antichi di analizzare le cose per cui esiste l’identità tra il pensare e la realtà.

“È necessario – scrive Parmenide nel “De natura”che il dire ed il pensare sia l’essere”.

Prof. Daniele Trabucco

Prof.ssa Gloria Callarelli

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