Pan-demos, “ciò che interessa tutte le persone”. «Quando Mao starnuta il mondo si ammala», così l’Istituto Luce “battezza” l’arrivo in Italia dell’influenza scoppiata nel luglio del 1968 ad Hong Kong. Venne anche definita Influenza spaziale, contestualmente allo sbarco sulla luna del 1969. Diciotto mesi di viaggio che separarono l’Italia dalla Cina. All’epoca, tra il 1968 e il 1969, la colonia di Hong Kong faceva parte del Commonwealth inglese. L’influenza spagnola del 1918-19 ebbe un seguito importante nel 1957 e nel 1968, prima con l’Asiatica, poi con l’influenza di Hong Kong. Tra 1968 e 1970, anni entro i quali l’epidemia di “Influenza spaziale” si sparse su tutto il territorio italiano, l’Italia si trovava in una crisi sociale nera, tale da rischiare di minarne le ventennali giovani fondamenta. Governi, attentati e occupazioni si succedettero in un pericoloso vortice di ulteriore destabilizzazione la quale, tuttavia, dimostrava un’attenzione mediatica – sicuramente non paragonabile a quella odierna – soprattutto rivolta alla sensazionalità della pandemia più che alle sue possibili conseguenze.

Un’indagine nemmeno troppo approfondita presso i database dell’Istituto Superiore di Sanità effettivamente fa emergere come il numero di decessi derivato direttamente o indirettamente fu di circa ventimila unità. In Francia si ammalò circa un quarto della popolazione all’epoca vivente. Un milione di morti in tutto il mondo. Dal punto di vista politico, in Italia, l’emergenza pandemica non comportò alcuna misura restrittiva, anzi. La politica italiana era sicuramente più impegnata a gestire smottamenti politici come quelli di Piazza Fontana, strage che ebbe come conseguenza lo «spartiacque nella vita italiana degli ultimi quattro decenni», come dissero Indro Montanelli e Mario Cervi ne L’Italia del Novecento.

Francesca Barca in un bell’articolo su medium.it racconta della situazione dell’epoca, con contorni assolutamente mediatici simili all’attuale emergenza pandemica. In particolare, l’articolo citato pone una questione fondamentale per il periodo odierno, e cioè il rapporto con la morte e quella che possiamo definire “sofferenza”. Nel 1968, la popolazione mondiale dalla trentina di anni in su aveva con buona probabilità sentito tuonare la Seconda Guerra Mondiale. Quella sessantenne visse nella sua infanzia la Prima Guerra Mondiale e, nel contempo, l’Influenza Spagnola del 1918-1919, flagello ben più imponente di quello di Hong Kong. In periodo pandemico questo rapporto dell’individuo con il principio dell’autoconservazione avviene, secondo quanto dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dalla sua costituzione nel 1948, secondo princìpi la cui percezione e sensibilizzazione non potevano essere coeve alla loro introduzione. Davvero è pensabile che l’attuale emergenza pandemica, con la propria carica di morte, possa avere la medesima sensibilità a vent’anni dal più grande conflitto mondiale della storia, con i suoi almeno sessanta milioni di morti? La politica mondiale agì quindi nella massima coerenza derivata dalla mentalità comune del periodo.

Lo strumento medievale e moderno della Quarantena – a volte, la Storia si ripete non solo nei concetti – è stato reintrodotto non nel 1968, bensì oggi con l’avvento del COVID-19. Ciò che sicuramente fa riflettere è la ciclicità del viaggio contrario a quello di Marco Polo tra Cina ed Occidente di diverse influenze, più o meno letali, nel corso del XX secolo. Ciò che appare sicuramente diverso tra 1968-1969 e 2020-2021 è la presenza delle frontiere, che quindi limitavano di per sé il controllo micro e macro-continentale di episodi pandemici.

La riflessione che un sistema integrato di competenze storiche, demografiche, statistiche, giuridiche ed antropologiche dovrà compiere dovrà comportare una disanima della percezione del pericolo e della capacità umana di rispondere all’estremismo della morte. Ciò che possiamo ad ora valutare è la risposta di fronte ad un pericolo simile come l’Influenza di Hong Kong da una parte, ed il COVID-19 dall’altra. Teniamo conto che all’epoca non si conoscevano in tempo reale i numeri complessivi di morti e contagi. Proporzionalmente al numero di decessi, di fatto la misura effettiva di una pandemia, la risposta politica e sociale fu sicuramente meno presente.

Invito il lettore a cercare all’interno dei più comuni manuali di Storia Contemporanea un cenno sull’Influenza di Hong Kong o Influenza spaziale: troverà poco o niente. Oggi, in generale, problematizzare la percezione del contesto potrebbe essere la chiave per dimensionare i problemi alla realtà concreta e fattuale del vivere.

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