Ma chi abita ora in Vaticano? Chi sta ora in quei pochi ettari di terra italica dove risplende l’arte sacra, dove c’è la Cappella Sistina e uno dei più bei musei del mondo?

È mai possibile che in Vaticano si sia caduti così in basso nella percezione del bello, tanto da permettere la realizzazione di un presepio come quello allestito per questo S. Natale 2020, fatto di astronauti, E.T., tacchini, bulloni…

Un’opera paradigma della peggior arte moderna (quella privata della dimensione umana più nobile: la dimensione spirituale), un’arte prodotta da artisti solitamente atei e dediti a dubbie sperimentazioni, non solo artistiche ma anche intime.

Sì che è possibile!

È possibile perché chi comanda ora in Vaticano (Bergoglio e alcuni cardinali monsignori del calibro del suo elemosiniere «elettricista») ha espunto il vero non solo dal bello, ma anche dalla carità e dall’amore. Ed ecco che il bello è diventato brutto, la carità e l’amore per il prossimo è degenerata in antroposofismo, la ricerca del Padre nostro che sta nei cieli è diventata teosofismo e l’amore per Dio Padre è divenuto panteismo.

Se ritornasse San Francesco, l’ideatore del presepio, a «imitazione di Cristo»[1] fustigherebbe i prelati devoti della pachamama, rovescerebbe le statue di quel presepe e si metterebbe all’opera, con il suo saio frusto dalla vera obbedienza e carità, per realizzarne uno ex novo, a maggior gloria di nostro Signore Gesù Cristo.

Un merito, però, va riconosciuto a chi ha ideato e voluto quel brutto presepio, ossia l’aver realizzato un’opera capace di rappresentare in pieno quel vaticanosecondismo che tanti danni ha prodotto nella Chiesa e nella società.


[1] “De Imitatione Christi”, di cui non si ha certezza sull’autore, è il testo religioso più diffuso nella letteratura cristiana medievale; ha per oggetto la “Christomimesi”, la via da percorrere per raggiungere la perfezione ascetica sulle orme di Gesù.

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