Lo scorso 5 luglio è stato condotto un attacco “mirato” contro la base aerea di Al Watiya. Ho usato il termine “mirato” per una ragione militarmente semplice: quell’attacco ha distrutto i sistemi antiaerei forniti dalla Turchia alle forze di Al Sarraj e niente più. Un attacco “mirato”, appunto, ma non massiccio.

Chi ha compiuto questo attacco dai contorni, diciamo così, altamente professionistici? Al momento ci sono dei sospetti ma nessuna certezza, il che fa pensare a uomini (piloti), vettori e sistemi d’arma, se non d’avanguardia, sicuramente così performanti da far escludere uomini (piloti), vettori e sistemi d’arma che siano rimasugli dell’arsenale da guerra libico.

Al Watiya (già aeroporto militare alleato nella II Guerra Mondiale, dal quale partivano gli aerei che bombardavano l’Italia) è una base aerea nell’ovest del Paese, posta tra Tripoli e la Tunisia, che le Forze di Al Sarraj, sostenute dalla Turchia, avevano recentemente riconquistato sottraendola al Gen. Haftar.

Gli elementi sui quali puntare per far luce su chi sia stato l’autore dell’attacco e quale effetto esso avrà sui futuri tira-molla tra le forze di Haftar e quelle di Al Sarraj, sono sostanzialmente due:

  • sicuramente, pur rimanendo nelle mani di Al Sarraj, la base aerea colpita ha perso il suo potenziale strategico, sia quello difensivo, il cui perno è Tripoli, sia quello offensivo in vista di una proiezione su Sirte;
  • ovviamente, l’attacco è stato portato a termine con successo dalle forze che sostengono Haftar, ma l’interrogativo suscettibile di capire passato prossimo e presente, e prevedere il futuro altrettanto prossimo, rimane irrisolto: chi ha pilotato gli aerei d’attacco, chi li ha guidati sull’obiettivo accecando i sistemi di difesa?

A questo punto, non posso che riportare i sospetti degli osservatori, la cui attendibilità è legata solo ed esclusivamente a una attività di intelligence e di analisi più o meno attendibile, perché, guarda caso, il CHI, il COME e il PERCHÉ, non sono trapelati e, a naso, credo che non trapeleranno a breve termine:

  • si fa menzione di aerei degli EAU di tipo Mirage decollati dalla base di Sidi El Barrani in Egitto (un’altra base aerea che rimanda alla II GM);
  • qualcuno dice di aver visto arrivare gli aerei dal mare e, sulla scorta di non meglio specificate cognizioni, li ha identificati per essere dei Rafale francesi;
  • qualcuno, più sommessamente, avendo cura di non smentire nessuna versione, ma rimanendo sull’evanescente, avanza l’ipotesi che si potrebbe trattare di aerei provenienti dalla base di al-Jufra… niente più.

Ed è proprio questo “niente più” che dovrebbe far drizzare le orecchie a chi è interessato a capire cosa sta succedendo in quel teatro. Al Jufra è una base controllata dai russi, dove sono schierati quegli aerei e quei piloti, appunto russi, che probabilmente sono giunti dalla Siria, ove si sono fatti le ossa e hanno allisciato la fusoliera combattendo contro quella cosa informe, segretamente sostenuta dalla Turchia, che era ISIS o DAIISH che dir si voglia.

A fine maggio era giunta la notizia dell’arrivo di 8 aerei russi da combattimento che spostavano in maniera sensibile la superiorità aerea a favore del Gen. Haftar, disponendo Al Sarraj di soli 4 o 5 vetusti velivoli (Mirage e MIG-21).

La presenza di quegli 8 aerei sembra in sintonia con la strategia alla quale ci ha abituato la Russia fin dai tempi dell’intervento in Siria: entrare in lizza con discrezione e in progressione e, come si dice in gergo militare, colpire in maniera ficcante.

In Siria, dove i turchi, anche se in maniera meno marchiana, erano ugualmente presenti, quella strategia ha portato degli ottimi risultati. Staremo a vedere cosa succederà in Libia.

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