Non sono un esperto di Cina, non sono mai riuscito ad appassionarmi alle vicende di quel paese da quando, nel lontano 1971, sull’onda del pensiero di sinistra avevo letto il libretto rosso di Mao, un condensato di banalità che solo una mente obnubilata dall’ideologia poteva apprezzare e che ha fatto vergare a qualche comunista de noantri uno slogan tanto idiota che più idiota non si può: “Gli operai a scuola, gli studenti in officina. Faremo l’Italia come la Cina”.

Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata un bel po’ e la mia memoria va direttamente a 31 anni fa, quando a Piazza Tienanmen un cinesino solo e disarmato, con un gesto di suprema ed eroica follia, ha sbarrato il passo alla colonna di carri che, contando sulla flebilità della protesta della società internazionale, irrompeva in quella piazza per far strage dei manifestanti, infrangendo le illusioni forzose di una sinistra estrema che comunque continuava ad inneggiare alla meritoria opera del gran timoniere e dei suoi successori. Fuor dai denti: un assassino come Stalin e Pol Pot, in linea con la miglior tradizione comunista che, fregandosene del popolo, sul groppone del popolo reso schiavo dell’ideologia, persegue l’utopia della “rossa primavera”.

Ed è nel ricordo di quel coraggioso ed eroico cinesino che dobbiamo raccogliere il “grido di dolore” dell’arcivescovo di Hong Kong, Monsignor Zen, il quale, con quella flebile voce di chi non dispone della grancassa dei mezzi di comunicazione (riservata a ben altre istanze, quelle in linea con il mainstream), dice parole che lasciano poca speranza a chi ha vissuto la rivolta di Tienanmen e sta vivendo quella di Hong Kong:

  • “A HongKong rischiamo un’altra Tienanmen”;
  • I giovani coraggiosi che difendono l’autonomia e la libertà di Hong Kong, sono picchiati, arrestati, torturati»;
  • «Purtroppo, vista la situazione ai vertici del Partito comunista a Pechino, non ci possiamo aspettare molto di buono»;
  • «Come cristiani ci mettiamo nelle mani di Dio, difendendo la verità e la giustizia, pregando per la conversione dei nostri persecutori».

È vero che la Cina, nei nostri pensieri, è sempre stata più distante degli Stati Uniti, ma se si trova il fiato per protestare contro Trump che minaccia fulmini e saette contro una piazza che saccheggia, incendia, rapina e stupra per protesta contro un poliziotto (forse) omicida, faremmo bene a protestare anche contro quel che Pechino sta facendo a Hong Kong, ex colonia inglese, ora sotto la sovranità della Cina, la quale, non si dimentichi, ha sottoscritto che fino al 2037 quell’enclave avrebbe goduto dello stesso sistema di cui godeva quando era sotto l’Inghilterra. Un impegno dinnanzi al quale la Cina – sempre nella miglior tradizione comunista (quella per cui i “pacta non sunt servanda”) – sta, però, venendo meno, facendo di tutto per anticipare di ben 17 anni la completa sinizzazione dell’ex colonia britannica.

Lasciamo parlare Monsignor Zen, facciamogli da megafono e chiediamo alla chiesa di Bergoglio di non fare il pesce in barile, ricordandogli quanto reclamato da Gesù “sia il tuo SI un SI e il tuo NO un NO”:

  • “… Quest’anno con tutte le cose che sono capitate, noi siamo quasi alla vigilia di un’altra Tienanmen. Questo perché in questo tempo hanno veramente usato tutti i modi per schiacciare le nostre legittime proteste, la polizia è diventata quasi come le belve. Sono sorpreso nel vedere che i nostri giovani coraggiosi che vogliono difendere l’autonomia e la libertà di Hong Kong vengano arrestati, picchiati, torturati.”;
  • “Con questa minaccia della legge per la sicurezza nazionale, siamo veramente preoccupati. Quest’anno ovviamente non ci permettono la solita commemorazione che facciamo ogni anno, e questo aumenta la nostra inquietudine e anche la nostra indignazione per la privazione della libertà di cui abbiamo sempre goduto in tutti questi anni.”;
  • “… C’è da tener presente che anche nel governo cinese, nel partito comunista, ci sono delle divisioni. Possiamo sperare che ci sia ancora qualcuno moderato che consigli di non essere troppo duri. Ma si ha l’impressione in questo momento che il leader cinese è in una situazione in cui ha paura e quindi voglia mostrarsi forte e di conseguenza voglia imporre questa legge che – dovrebbe essere chiaro – farà del male a tutti: non solo alla gente di Hong Kong, ma anche alla comunità internazionale, e alla Cina stessa. Ma in questo momento si fanno pazzie, ci si intestardisce per andare contro tutto il mondo, e quindi non c’è un granché di buono da aspettarsi.”;
  • “… In tutto questo tempo il Vaticano ha cercato di compiacere il governo di Pechino, non ha mai detto niente sulle cose malvagie che sono state fatte. Ora tutto il mondo vede come la brutalità della polizia sta torturando i nostri giovani: li picchiano, li arrestano, e non è stata detta dal Vaticano una parola in loro soccorso. Questo ci lascia preoccupati.”;
  • “… Noi abbiamo la dottrina sociale della Chiesa, per fortuna, che ci dice di essere buoni cittadini, ma sulla base della giustizia e dell’amore. Allora di fronte a questa situazione orribile ed apocalittica, alla vigilia quasi di un’altra Tienanmen, cosa possiamo fare?”.
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