Con la fine delle grandi guerre mondiali, abbiamo visto il fallimento dei “prodotti” dell’illuminismo, e la nascita di nuovi equilibri geopolitici che hanno portato i mercati e i grandi
enti di natura apolide a dominare i conflitti e la realtà.
Quello che resta nascosto però sono dei movimenti latenti: mentre il mondo procede a gran velocità verso “l’eclissi del sacro” come recita un noto libro di S. Acquaviva, allo stesso tempo l’economia prova a diventare una realtà religiosa.
Non oserei giustificare le mie inferenze parlando dell’avidità dell’uomo verso il “dio denaro”, piuttosto voglio soffermarmi su alcuni discorsi, il primo ci porta a Deleuze, dove dobbiamo constatare che il mondo di oggi tende a quantificare tutto in termini economici.
Un figlio morto a causa di un’errore medico, una pena ingiusta con anni di carcere non meritati, un mobbing subito con conseguente depressione: ogni risarcimento passa per un linguaggio economico, quantificabile, che non ci restituisce nulla di quanto abbiamo perso.
Quello che spaventa ancora di più è che oggi l’uso del denaro nel mondo dei “diritti” ci porta ad avere dei privilegi: con la fine della sanità pubblica e dei servizi, qualsiasi prestazione essenziale,
connessa alla dignità e al benessere della persona è accessibile tramite il denaro.
Ci possiamo spingere oltre parlando del riconoscimento collettivo e sociale: si è “vivi” solo quando si hanno risorse economiche, perché lo stile di vita odierno non si ricorda dei poveri e neanche li considera.
La realtà economica prova a diventare una religione nel panorama contemporaneo ma procede con un moto proporzionalmente inverso al mondo del sacro, tende ad astrarre, fluidificare,
e privare di senso ogni cosa.
Questo infatti è il mondo dei rapporti smart, indefiniti e senza meta, è lo scenario dove i mezzi vincono sui fini, ed è il posto dove ogni principio e ogni valore deve essere negoziabile.
Il sogno proibito è quello di renderci degli animali economici, dove possiamo svolgere qualsiasi tipo di incarico tramite la continua rinegoziazione dei contratti collettivi, e con questo cambio di
paradigma arriviamo anche alla distruzione di ogni tempo di riposo e sospensione, dato che i mercati vogliono le aperture 7 su 7 / H24 e la perenne reperibilità.
Se Foucault aveva visto che l’uomo contemporaneo annegato nell’economia diventa dominabile e controllabile, possiamo dire
che anche le sue lezioni di biopolitica si fanno sempre più importanti: tutte le teorie della sinistra arcobaleno e sans frontières infatti, si collegano in modo surrettizio al mercato.
I rapporti sociali che una volta erano direzionati e mediati da altre realtà, oggi sono diventati oggetto di contrattualismo diffuso e di utilitarismo, dove importiamo gli schemi e leggi della
compravendita.
C’è qualcosa nello scenario che resta ancora più nascosto, e rientra nelle categorie dei trascendenti e ci riporta al mondo protestante-calvinista: la realizzazione di oggi è vera se quantificabile, ed è collegata al denaro e al prestigio. In qualche modo però anche l’accesso alla categoria del “vero” sembra diventare merce, con l’informazione che diventa un abbonamento mensile, e con le filosofie new age che si adattano agli schemi fluidi di oggi, e ci parlano di un paradossale “verum”, relativo e
funzionale al sistema.
Se questo sembra poco dobbiamo fare un altra considerazione: il blocco occidentale si professa democratico,tollerante, e inclusivo, ma allo stesso tempo convive con la politica dei “tecnici” dell’economia e con le richieste delle multinazionali che non hanno nessun collegamento con i principi professati.
Il sacrificio della Grecia, la non democraticità di qualsiasi scelta in campo aziendale, l’esclusione di chiunque non rientra nei parametri produttivi, è solo un piccolo assaggio di queste nuove sinagoghe, templi del divino mercato.
Un’ultima considerazione deve essere fatta: l’uomo nell’Eden con Dio dava un nome (e quindi un significato e una definizione alle cose) e viveva una realtà organica e felice, dove la vita era rilegata da una norma esterna alla realtà e sostanzialmente indisponibile.
Con il vitello d’oro, ogni tratto della vita è artificiale, ed è caratterizzato dal discioglimento di ogni valore, senso e unione verso l’altro ed è un isolamento verso tutto ciò che ci circonda, contraddistinto dal segno della perenne divisione, disumanizzazione e insignificanza.




