Sono passati già 14 mesi e della sentenza che ha condannato il leader, i sostenitori e i membri di Alba Dorata, non sono ancora state pubblicate le motivazioni.

A denunciarlo una persona vicinissima al partito, che ho avuto modo di conoscere e di ascoltare.

La pubblicazione è un atto non squisitamente formale, ma rilevantissimo per molte ragioni. La sua eccessiva posticipazione (solitamente in Grecia viene depositata entro sei mesi) può causare danni gravi ai condannati i quali, senza le motivazioni, non possono appellarsi.

Non solo!

Nello specifico, tanti condannati a pene lievi stanno rischiando di rimanere in carcere molto più a lungo di quanto, ragionevolmente, dovrebbero, dopo una probabile revisione della condanna e della pena che, però, è, di fatto, impedita per la predetta ragione.

E come si risarcisce anche un solo eventuale giorno di carcere in più?

Il tema non sembra stare a cuore al tribunale greco, che ha basato il processo su prove che vanno dalle bottiglie di vino con l’effige di Mussolini acquistate in Italia, alla spada di rappresentanza sequestrata in casa Pappas dove il ricordo del nonno, eroe di guerra, è diventato una fondante prova di reato.

Le altre consistono in intercettazioni di frammenti di conversazioni in cui si fanno affermazioni quali “noi siamo soldati”, stralci di comizi, mezze frasi, interlocuzioni vivaci!

Tanto basta perché siano diventate la base inoppugnabile (la sola!) sulla quale sta (o meglio, vacilla!) la condanna di Alba Dorata, partito nel quale l’uso della parola “soldato” o “milizia” trasforma lo stesso in una associazione paramilitare le cui armi sono… la spada del nonno! Non so se anche la fionda del nipote! Ho dimenticato di chiederlo alla mia interlocutrice.

Stranezza tra le stranezze di un processo nel quale pure la procura aveva chiesto, per molti imputati, il proscioglimento per totale mancanza di prove, è che gli uomini di Alba Dorata sono stati condannati non per aver creato una associazione a delinquere, ma per averla diretta e per avervi partecipato.

Passaggio illogico, ma necessario in quanto la “giustizia” greca si è dovuta arrampicare sugli specchi per la mancanza di un solo centesimo fuori posto cercato inutilmente per anni dalla polizia economica (la nostra finanza, per intenderci).

Certo è che dirigere una associazione a delinquere di carattere paramilitare senza un euro a nero e senza un euro che non sia stato devoluto o agli indigenti greci o alle necessità burocratiche del partito, è un miracolo unico riuscito solo ad Alba Dorata!

Rimane il dolore dei familiari, rimangono le famiglie rovinate per aver dovuto svendere tutto semplicemente per far sopravvivere in condizioni decenti i propri cari detenuti, rimane un leader, Ilias Kasidiaris, al quale in modo assolutamente illegittimo viene impedito qualsiasi contatto esterno, vengono sequestrati gli appunti e i libri.

Nulla di nuovo sotto il sole.

Approfondite il processo di Piazza Fontana e il trattamento riservato a Franco Giorgio Freda. Capirete presto che la tirannia è brutta, ma la democrazia di più!

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