Se la prima fase della Pandemia da Covid è stata dominata dalla virologia – quella seria, che cercava di capire il nuovo Coronavirus arrivato dalla Cina, le sue caratteristiche, le sue modalità di azione, la nuova fase che stiamo attraversando, in cui quella che è stata definita “seconda ondata” ha già iniziato, a partire dagli ultimi giorni di novembre, la fase discendente per numero di positivi, di ricoverati e di deceduti – ora ad essere protagonista di dibattiti, discussioni, scontri e aspre polemiche è la vaccinologia, ovvero la scienza che studia i vaccini.

I vaccini, nel caso dell’epidemia del Covid-19, sono stati presentati fin dall’inizio come l’unica soluzione del problema. Per mesi è stato negato dai media e dalle istituzioni sanitarie che ci potesse essere una soluzione farmaceutica, una terapia valida, nonostante le tante esperienze di cure efficaci messe in atto sul campo da molti medici. Si doveva arrivare al vaccino, e ci si è arrivati, con una rapidità inusitata. Normalmente, per fare un vaccino ci vogliono 5-6 anni, per il Covid sono bastati pochi mesi. Ciò ha indotto in molti delle preoccupazioni riguardo l’efficacia reale e la sicurezza di questi vaccini, alcuni dei quali utilizzano tecniche assolutamente sperimentali.

Ma c’è di più: si è posta anche una questione etica, dal momento che si è appreso che, per la preparazione di diversi di questi vaccini, sono state utilizzate linee cellulari derivate da feti abortiti. E non aborti spontanei, ma aborti procurati.

La cosa non è una novità: esistono già in commercio alcuni vaccini che sono stati ottenuti con tecniche analoghe, come quello per il Morbillo, per la Parotite, per la Rosolia, per la Varicella o per l’Epatite A. “Dettagli” che il grande pubblico ignora.

Ma la portata e la risonanza della campagna vaccinale anti-Covid ha portato sul problema un’attenzione maggiore.  Un’attenzione di tipo etico, naturalmente, prescindendo dall’aspetto dell’efficacia o della sicurezza del vaccino.

Quando si parla di difesa dei valori etici, la Chiesa Cattolica è stata sempre in prima linea, in particolare durante i Pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ora le cose sono cambiate. Il 21 dicembre la Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) ha pubblicato una “Nota sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19”. Tale Nota è la risposta ai quesiti ricevuti a proposito di vaccini «sviluppati facendo ricorso, nel processo di ricerca e produzione, a linee cellulari che provengono da tessuti ottenuti da due aborti avvenuti nel secolo scorso».

La Congregazione riprende ciò che la Chiesa aveva già spiegato in passato: è lecito l’uso di questi vaccini in caso di stato di necessità e se non ci sono alternative eticamente ineccepibili, ferma restando la condanna dell’aborto e l’opposizione morale all’«utilizzo di linee cellulari procedenti da feti abortiti». E ferma restando la richiesta alle aziende farmaceutiche e alle agenzie sanitarie governative di trovare vaccini eticamente accettabili. Si deve anche rilevare che, per la prima volta, un documento vaticano dichiara esplicitamente che non è ammissibile l’obbligatorietà della vaccinazione, anche se ci sono molti personaggi Oltre Tevere che stanno spingendo invece in un altro senso.

C’è una martellante campagna vaccinista vaticana che dura da mesi – guidata da papa Francesco in persona – che ha contribuito non poco a rivestire di messianismo l’attesa del vaccino. In occasione del Vaccination Day, indetto per tutta l’Unione Europea lo scorso 27 dicembre, un trionfante Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha parlato di «una luce che si accende in un tunnel finora molto buio» e di «una giornata storica che sottolinea la responsabilità della scienza, della politica, della morale e della giustizia».
I ripetuti interventi del Papa peraltro – come fa notare il direttore della Nuova Bussola Quotidiana, Riccardo Cascioli, una delle poche voci controcorrente ne confronti della narrazione ufficiale pandemica – hanno spostato la discussione sull’aspetto morale del vaccino dalla modalità della realizzazione, dalla sicurezza e dall’efficacia alla modalità di distribuzione. Vale a dire che l’importante è che sia distribuito a tutti, anzitutto i poveri, i vulnerabili. Questo Bergoglio lo ha ribadito ancora il giorno di Natale, nel messaggio Urbi et Orbi, quando ha affermato che i vaccini sono «luci di speranza» se sono «a disposizione di tutti», specialmente «per i più vulnerabili e bisognosi di tutte le regioni del Pianeta».

Sulla questione della liceità di utilizzare per questi “messianici” vaccini cellule di feti abortiti, nessun intervento. Dobbiamo quindi tornare al documento vaticano sopracitato. Vediamo un aspetto molto importante, ovvero come è stato recepito e comunicato il documento: sui media di tutto il mondo, il messaggio passato è che c’è stata una svolta nella Chiesa, che ora «giudica moralmente leciti i vaccini sviluppati da cellule di feti abortiti».
Un messaggio gravissimo, come sottolinea sempre Riccardo Cascioli, anche se incidesse soltanto sulla vicenda dei vaccini anti-Covid: legittimerebbe infatti l’uso di quelli eticamente inaccettabili pur mancando lo stato di necessità e pur essendo in attesa di autorizzazione altri vaccini che non presentano lo stesso problema. 

Ma la cosa è ancora più grave se si tiene conto che ci sono allo studio diversi farmaci per la cui ricerca vengono usate linee cellulari provenienti da altri feti abortiti, e che ci sono forti pressioni per liberalizzare la ricerca sugli embrioni (cosa che in parte già accade). Il messaggio uscito – al di là di cosa è effettivamente scritto nella Nota – costituisce dunque il rovesciamento di quanto sempre sostenuto dalla Chiesa e un vero disastro per quel che riguarda la difesa della vita.

Se davvero lo scopo era sintetizzare ciò che la Chiesa ha sempre detto su questo tema, sarebbe stata ovvia – di fronte a un’enorme manipolazione e strumentalizzazione di un documento – un’immediata, pronta e chiara smentita che non lasci spazio ad equivoci. Così però non è stato. Dalla Santa Sede, dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, solo silenzio. E a dire il vero, non è neanche la prima volta che ciò accade.

Ma le implicazioni di questo silenzio sono gravissime: tutti, compresi i credenti, sono tenuti ora a pensare che la Santa Sede – e il Papa in prima persona, che ha approvato la pubblicazione della Nota – abbia effettivamente inteso sdoganare l’uso di cellule di feti abortiti per scopi medici. Tutti sono legittimati a pensare che ora anche in Vaticano valga la logica perversa che “il fine giustifica i mezzi”. Una logica inaccettabile.

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