Il correttore è una cremina costosa, ma miracolosa.

Noi fanciulle, più o meno agèe, lo usiamo per mitigare le discromie. L’incarnato perfetto che fingiamo esser dono di madre natura è spesso dono di mamma chimica.

Salgono agli onori della cronaca sia la chimica che il correttore, perché, pochi giorni fa, il web ha scoperto l’esistenza del correttore fascio e/o razzista.

C’è andata di mezzo la povera Clio Zammatteo, dea del make up italo statunitense, che ha rischiato il linciaggio.

La citrulla si è permessa di presentare una palette dai molti colori chiari o chiarissimi e dalle poche nuances (solo tre su 14) adatte ad incarnati afro.

Dio la perdoni!

Lo Spirito Santo la illumini!

Eppure la nostra, ingenua non è, se non altro perché ha lavorato negli Stati Uniti, Paese in cui se ti azzardi a chiamare “nero” un nero causi rivolte violente in quasi tutte le principali città e forse pure nei centri minori.

Forte di tanta esperienza, Clio si era premunita e, equipaggiata come un soldato che va alla guerra, aveva presentato i suoi correttori con un video a prova di Usa: modelle velate, ragazze occidentali o dai tratti medio orientali, chiare, chiarissime, scure, scurissime e persino modelli maschi, tanto per zittire sul nascere le accuse di omofobia.

Non è bastato… e no che non è bastato!

Ormai nulla è abbastanza!

Le neo-partigiane italiane del web, che han da anni calato le braghe difronte all’idiozia imperante che oggi trova nuovo sfogo nelle teorie del make up inclusive, hanno comunque alzato gli scudi contro la Zammatteo.

Lei, ad onor del vero, non meritava tanto: non è allineata, di più!

Anni fa, solerte e diligente come i tempi richiedono, intervenne con piglio deciso rampognando chi, nel commentare la pubblicità di un rossetto, si era permesso di esternare poco entusiasmo per le enormi labbra della giovane modella nera.

Effettivamente la bocca della discordia è smisurata, ma guai a dirlo!

Il razzismo non solo cova nei commenti degli amanti dell’armonia, ma può radicarsi ovunque.

Oggi ha preso casa nei correttori Ohmylove di Clio, ma pare risieda abitualmente anche nei fondotinta che in Italia, bizzarramente per una popolazione finora al 100% bianca, hanno nuance piuttosto chiare!

A salvare la patria ci ha pensato Bpride, della Olmac cosmetics, che dedica una intera linea alle pelli scurissime: se ne strafotte delle bianche e il plauso è universale.

Anche il nazismo ha trovato in Europa una sua bizzarra collocazione: il blocchetto degli assegni.

Sono quelli di Marian Kotleba, condannato a 4 anni di prigione, reo di aver firmato, in favore di famiglie povere del suo Paese, la Slovacchia, assegni di 1488 euro.

I numeri 14 e 88 sono stati accusati di nazismo e un atto di beneficenza è diventato reato grave potendo la cifra rimandare a simpatie hitleriane.

Noi non corriamo tali rischi.

Assegni di tale entità, le famiglie italiane bisognose non li hanno mai neppure intravisti.

Qui sovrabbondano i don Biancalani.

Costui la beneficenza la fa donando generosamente, ma solo a ragazzoni neri in compagnia dei quali compare in televisione, mollemente adagiato sul sofà.

Il razzismo spopola nel beauty case, il nazismo divampa negli assegni: nessuno si accorge che è la decenza a latitare, persino tra i consacrati e a reti unificate?

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