Sembra che la diplomazia internazionale si stia sforzando di scongiurare una nuova escalation bellica che potrebbe costituire il redde rationem finale tra il fratello musulmano Al Serraj, sostenuto dalla Turchia (e anche dal Qatar), e il Madkhalita[1] Generale Haftar, sostenuto dall’Arabia Saudita e dagli EAU (e, in maniera eterodiretta e da prudente distanza, anche dalla Russia, al fine di non lasciare troppa libertà d’azione alla Turchia). Una fitna tutta interna a quell’improponibile mondo islamico sunnita dove impera l’Islam “intollerante” e dove il più sano ha la rogna.

Gli obiettivi, più tattici che strategici, che Al Sarraj intende conquistare e Haftar si appresta a difendere sono:

  • Sirte (una città simbolo per aver dato i natali al compianto Gheddafi);
  • Al Jufra, nella regione desertica del Fezzan, ove insiste una importante base aerea e dove sarebbero stati schierati alcuni velivoli da combattimento russi che hanno conferito ad Haftar la supremazia aerea.

Il quotidiano arabofono Al Sharq al-Awsat (“Il Medioriente”) riporta che sarebbero in corso trattative in cui rappresentanti tribali (onnipresenti quando si tratta di Libia) e internazionali cercherebbero di convincere Haftar a lasciare Sirte e, contestualmente, gli americani avrebbero operato forti pressioni su di lui affinché riattivi la produzione di petrolio.

Ed ecco la “proposta delle proposte” lanciata dagli Stati Uniti, approvata dalla Germania e vedremo da chi altro ancora: la solita Forza di Interposizione (che dovrà essere approvata dall’ONU) destinata, appunto, a interporsi tra le forze di Haftar (lo LNA) e quelle di Al Sarraj (il GNA) nell’area, da smilitarizzare, tra Sirte e Al Jufra.

Che dire? Non sono un esperto di Libia e meno ancora sono riuscito ad entrare nella logica delle alleanze, quanto meno strane, che si sono schierate a favore di uno o dell’altro dei due poco affidabili contendenti, ma l’impressione è che i nostri governanti non abbiano capito niente delle dinamiche di clan e tribù di quel mondo mezzo arabo-islamico e mezzo africano che è la Libia, e meno ancora hanno capito qualcosa di cosa bolle in pentola nel mondo arabo-islamico sunnita che, in Libia, sta vivendo la sua fitna tra wahhabiti e Fratelli Musulmani.

Francamente, se non rievochiamo lo spirito di Giulio Andreotti o, prima ancora di lui, di Italo Balbo – ma, al punto in cui siamo, andrebbe bene anche un Henry Kissinger – la nostra Quarta Sponda è destinata a rimanere quel che è adesso: un bel rebelot in salsa somala dove otterranno guadagni i “signori della guerra” e gli scafisti anche in presenza di forze di interposizione.

Nel frattempo, è notizia di poco tempo fa, il parlamento del Cairo ha approvato ed autorizzato l’invio dell’esercito a sostegno di Haftar: fra qualche giorno ne vedremo delle belle.


[1] I Madkhaliti sono una setta musulmana della movenza Salafita. La salafa è una corrente integralista rifacentesi alla tradizione dei “pii antenati”, contigua al wahhabismo saudita.

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