Già nel 1359 l’esercito ottomano si era presentato fin sotto le possenti mura di Costantinopoli, ma l’evento che segnò maggiormente l’inizio della fine dell’Impero Bizantino, come gli storici chiamano, con termine creato a fine Seicento dal Du Cange, l’Impero Romano d’Oriente, fu la battaglia di Kosovo Polje o del Campo dei Merli, il 15 giugno 1389.
Da allora, i Balcani poterono dirsi quasi del tutto in mano ottomana. Un altro episodio, nel 1390, che fu visto dai “Romei” come chiaro avvicinarsi dell’epilogo, fu l’umiliante partecipazione dell’imperatore Manuele II Paleologo con le sue truppe alla presa di Filadelfia, ultimo possesso bizantino in Asia Minore, costretto per decisione del sultano. Bayazid, succeduto a Murad I morto a Kosovo Polje mentre la battaglia sembrava in un primo momento favorevole ai Serbi, trattava Manuele Il come uno zimbello, dopo averlo aiutato a riprendere il trono a Costantinopoli.
L’ Occidente non stava a guardare e nel 1396 venne indetta una crociata cui parteciparono, per la verità, soprattutto gli Ungheresi, preoccupati della sottomissione dei Serbi e dei Bulgari, agli Ottomani.
Si aggiunse, di significativo, soltanto un contingente francese. I Serbi, come si era visto alla battaglia di Rovine nel 1395 erano giunti a combattere come vassalli dei Turchi contro i Valacchi. La crociata si risolse in quel 1396 nello scontro di Nicopoli, dove un esercito poco coeso formato dagli Ungheresi di re Sigismondo e dai Francesi, fu facilmente sbaragliato dai Turchi, che subito dopo presero Vidin e saccheggiarono la Morea, come si chiamava allora il Peloponneso.
L’ Impero Bizantino era ridotto, sulla terraferma alla Morea, a Tessalonica e Costantinopoli con un esile striscia costiera, tanto che l’imperatore era detto “lo imperador de Costantinopoli”. Personalità comunque carismatica nonostante le umiliazioni subite e uomo di cultura dal carattere affabile, tanto che di lui il sultano disse che anche se non lo si fosse detto, si vedeva chiaramente che era un imperatore, Manuele II iniziò nel dicembre 1399 un vero e proprio tour delle corti europee per cercare aiuto. Prima fu a Venezia e in varie città italiane, poi si recò a Parigi e a Londra, venendo sempre accolto con grandi onori sia dai sovrani che dal popolo, affascinati dalla figura esotica dell’imperatore e dalla sua personalità autorevole, oltre che impietositi dalla sua difficile situazione, così in contrasto con l’antica gloria di Roma. Si trattenne per due anni anni a Parigi, quasi timoroso di tornare in patria senza risultati.
Non ottenne infatti che vaghe promesse e tutto il viaggio si risolse con un nulla di fatto. Manuele II trovò però una grande, seppur indiretta, fortuna: il mongolo Tamerlano aveva sconfitto gli Ottomani di Bayazid il 28 luglio-agosto 1402 nella battaglia di Angora.
Ciò consentì un momentaneo respiro per l’Impero d’Oriente, tanto che l’anno successivo si ribellò al vassallaggio e smise di pagare i tributi ai Turchi. Riacquisì anche diversi territori, come la Calcidica col Monte Athos, mentre in Morea il filosofo Gemisto Platone creava un importante centro culturale. Manuele II trovò anche opportuno far costruire la muraglia dell’Hexamilion sullo stretto di Corinto, un simbolo di resistenza nella speranza di contenere future invasioni ottomane. A governare la Morea lasciò il foglio Giovanni perché assistesse il fratello Teodoro, despota titolare.
Ma il momento di respiro cessò con la morte del sultano Maometto I nel 1421, cui successe il figlio Murad II, che riprese una politica aggressiva verso Costantinopoli. Nel 1422 il nuovo sultano assediò Costantinopoli, difesa da Giovanni, che era diventato associato al trono col padre Manuele. Nel 1423 l’Hexamilion, costruito con ingenti spese, venne distrutto e i Turchi imposero di nuovo dei tributi, mentre Tessalonica venne ceduta ai Veneziani, che dovettero cederla ai Turchi nel 1430. Morto il padre, Giovanni VIII divenne imperatore unico, mentre i fratelli Teodoro, Costantino e Tommaso reggevano la Morea, che a eccezione delle colonie veneziane Corone e Modone, era completamente bizantina.
Giovanni VIII tentò la carta della riunione delle chiese occidentale e orientale, a partire dal 1431, anche a costo della sottomissione e ciò lo rese estremamente impopolare. Nel 1437 dette inizio a un lungo giro dell’ Occidente, come avevano fatto suo padre quasi quaranta anni prima e ancora prima suo nonno. È notissima la sua rappresentazione ad opera di Benozzo Gozzoli nella Cappella dei Magi di Palazzo Riccardi, che rappresenta un affascinante sovrano in vesti fastosamente orientaleggianti. Lasciò, seppur in un sottofondo patetico un gran ricordo a Firenze, dove ancora oggi si suole raccontare che l’arista derivi il suo nome da un esclamazione di Giovanni VIII, “Arista”, cioè “ottimo!”.
Dopo il Concilio di Ferrara del 1438, l’unione venne proclamata a Firenze il 6 luglio 1439, dal cardinal Giuliano Cesarini e da Bessarione, arcivescovo di Nicea. Ma questa unione non ebbe certo l’effetto di salvare Costantinopoli e il dissidio tra le due Chiese proseguì aspro come sempre. È da dire che un nuovo attimo di respiro derivò dalle vittorie sui Turchi del voivoda di Transilvania Hunyadi, che incoraggiarono alla formazione di un notevole esercito comandato dal re Ladislao IlI Jagellone, in unione personale sovrano di Polonia e d’Ungheria, da Hunyadi e dal serbo Giorgio Brankovic, ribellatosi ai Turchi. Questo esercito riuscì a far paura ai Turchi e sembrò, in quel 1444, che la situazione si stesse rovesciando, grazie anche alla ribellione albanese di Giorgio Castriota, detto Skanderbeg. Un fratello di Giovanni VIII, Costantino, ricostruito l’Hexamilion, passò al contrattacco, riuscendo a togliere ai Turchi Atene e Tebe.
I Turchi furono costretti, nel luglio, a negoziare a Szeged. Ma l’Occidente non si accontentava: si mise in moto una nuova crociata. Sarebbe mancato l’appoggio dei Serbi, soddisfatti dall’accordo. Murad accolse i Cristiani con un grosso esercito e li sgominò a Varna il 10 novembre 1444, dove caddero il re Ladislao e il cardinale Cesarini, promotore della crociata.
Costantino non si arrendeva e risalì addirittura fino al Pindo, ma dovrà arrendersi. Morto il fratello nel 1448, Costantino gli successe, undicesimo imperatore d’Oriente a portare questo nome, l’ ultimo imperatore che aveva lo stesso nome del primo. Venne incoronato in Morea nel gennaio 1449 e subito partiva alla volta della Città, lasciando in Morea i fratelli Demetrio e Tommaso, in forte contrasto tra di loro.
L’Impero era di nuovo ridotto sostanzialmente alla Morea e alla Capitale, oltre a Mesembria e a piccole fortezze come quella di Therapia.
Morto nel febbraio 1451 Murad e salito al trono Maometto Il, per Bisanzio era suonata l’ultima ora. Lo si vide chiaramente quando nel 1452 venne costruita in tempi incredibilmente rapidi, tre mesi, l’imponente fortezza di Rumelihisari, sulla sponda europea, a poche miglia da Costantinopoli, contrapposta alla Anadoluhisari sulla sponda asiatica.
La proclamazione dell’unità delle Chiese di quell’anno indignò i cittadini e il clero che, più vicini che mai alla caduta, si attaccavano sempre più alle loro tradizioni e alla loro identità. A nulla servirono le buone intenzioni dei sovrani europei o i contingenti militari come quelli genovesi. Dopo aver riunito l’esercito e la flotta, il 7 aprile 1453, Maometto II dette l’avvio all’ assedio di Costantinopoli.
Ne Costantino né la popolazione vollero arrendersi. Il disperato eroismo e la continua ricostruzione delle mura continuamente sbriciolate dell’artiglieria turca non valsero e il 29 maggio la Città era presa. Il cadavere di Costantino XI non sarà mai ritrovato.
Il sogno continuò fino al 1460, quando cadde la Morea e nel 1461, quando cadde la più lontana Trebisonda.
Ma forse continua ancora oggi.