Paoletti Oscar nasce a Sulmona (L’Aquila) il 22 gennaio 1895.
È un acceso interventista diventando poi un interventista intervenuto nel 1915 come soldato bombardiere e proprio il suo valore gli fa guadagnare il distintivo di milite ardito1.
Entra tra i primi nei reparti d’assalto nell’VIII Reparto d’Assalto “Fiamme Nere” dove viene promosso Sergente per merito di guerra e dopo la battaglia del Piave viene proposto, dai suoi superiori (colonnello Repetto e maggiore Nunziante), come Aiutante di battaglia.
Questa promozione gli fu conferita da Gabriele D’Annunzio con una lettera il 30 ottobre 1919 a Fiume. Infatti il Paoletti è stato anche tra i partecipanti all’impresa fiumana seguendo il Poeta Guerriero da Ronchi fino al triste epilogo del Natale di Sangue dove gli fu anche conferita l’onorificenza “Stella d’Oro”.
Al suo rientro in Italia si iscrive al Fascio di Trieste comandando la squadra d’azione denominata Spalato per poi trasferirsi a Bologna.
Con la sua divisa di ardito partecipa all’occupazione, nelle giornate della Marcia su Roma, della caserma dei carabinieri a S. Ruffillo (frazione di Bologna) il 29 ottobre 1922.
Questo è il breve racconto di questa ardita e triste pagina del fascismo bolognese. Verso le 15 del 29 ottobre ci fu un conflitto nella zona di S. Ruffillo tra alcuni fascisti che transitavano e due Guardie Regie in cui rimasero feriti il fascista Mario Becocci (morirà per le ferite riportate dopo atroci sofferenze il 4 novembre 1922) e entrambe le Guardie Regie (il Maresciallo Vitalone morirà poco dopo).
Alle 15 dalla sede del Fascio partono in automobile alcuni squadristi e arditi tra cui il Paoletti.
Giunti alla caserma dei Carabinieri chiedono al Brigadiere di cedere le armi e di arrendersi come già accaduto in diversi paesi della provincia. Ottennero una risposta negativa all’invito alla resa. Dopo altri minuti di inutili trattative incominciano le ostilità da ambo le parti: fucilate, bombe e mitraglie.
Il Paoletti, dato il suo coraggio, sempre dimostrato, ebbe l’idea di salire con una scala a pioli verso il primo piano della caserma. Riesce con la canna del moschetto ad aprire le imposte socchiuse ma il Brigadiere, acceso antifascista, che si era accorto del tentativo di irruzione, gli strappa l’arma di mano e lo colpisce alla testa con la stessa.
Paoletti è, come naturale, stordito ma aggrappato al davanzale riesce ugualmente a entrare dentro la caserma ingaggiando un feroce duello con il Brigadiere:
“Pare anzi che in un primo momento l’ardito abbia sopraffatto il brigadiere e l’abbia steso a terra fuggendo poi nell’interno per scendere le scale e aprire la porta d’ingresso agli amici”.2
Il più era fatto, “In quest’ultimo istante nel cuore di leone di Paoletti sobbalzò forse l’orgoglio d’una completa vittoria”.3
Ma all’improvviso il Brigadiere riesce a lanciare una bomba che ferisce il Paoletti (che poi sarà finito con un colpo sparato a bruciapelo) e lievemente un carabiniere che non stava partecipando alla battaglia.
I suoi camerati, forse presagi della sua sorte, fanno cessare le armi e chiedono al Brigadiere, che si era affacciato alla finestra, una tregua e la consegna del prigioniero (erano ancora ignari della sorte del Paoletti). Giancarlo Nannini (anch’esso valoroso combattente della Grande Guerra, Ardito e partecipante all’impresa fiumana) alza le braccia ordinando la calma ai suoi uomini quando all’improvviso viene ucciso da un colpo sparato dal Brigadiere4.
Nel conflitto a fuoco che seguì rimasero feriti anche Giuseppe “Peppino” Ambrosi meraviglioso squadrista di tutte le spedizioni più difficili5 e l’ardito Giovanni Fantini.
Alla notizia delle due morti immediatamente arrivano i rinforzi dalle zone limitrofe. Aspromonte Bonaccorsi, fratello del Seniore Bonaccorsi, seguito da Leandro Arpinati e da altri volenterosi entrano nella caserma usando la scala a pioli utilizzata in precedenza dal Paoletti e trovano solo il corpo senza vita di quest’ultimo e i segni della battaglia.
Del Brigadiere nessuna traccia: era riuscito a fuggire nella confusione succeduta all’uccisione del Nannini. Al funerale del Paoletti la bara si segnala la presenza dei tre suoi valorosi fratelli anch’essi militanti nelle file fasciste e impegnati nei giorni della Marcia su Roma.
In quell’occasione il Paoletti viene ricordato con queste parole
A Paoletti è toccata una morte terribile, ma degna del suo coraggio di leone. L’assalto alla caserma, la lotta accanita con il brigadiere che gli lancia una bomba e gli spara a bruciapelo, rappresenta tutto l’eroismo meraviglioso che animò la riscossa della giovinezza italiana, spingendola alla rivoluzione vittoriosa6.
Paoletti viene anche proposto alla Medaglia d’oro alla memoria con la seguente motivazione:
Fu ardito di guerra e ardito del Fascismo. Spese la sua giovinezza combattendo prima i nemici esterni d’Italia, poi i suoi figli degeneri. Lasciò la vita in una audacissima azione compiuta durante l’insurrezione fascista.
Negli anni successivi il suo ricordo rimase sempre acceso nel battagliero Fascio bolognese.
Tanto che una decina di anni si scrive:
Lavoratore volonteroso nella vita civile, rivelò il suo spirito battagliero, il suo coraggio indomabile quando le sorti della Patria furono impegnate nella grande guerra. Interventista fervente, fu dapprima soldato bombardiere, guadagnandosi per il valore più volte dimostrato il raro distintivo di milite ardito. Entrò fra i primi nei reparti d’assalto, ed appartenne all’8° battaglione arditi, ove fu promosso sergente per merito di guerra.
Dopo la battaglia del Piave per il confermato valore i suoi superiori lo proposero aiutante di battaglia, promozione conferitagli da Gabriele d’Annunzio, con il quale poi combattè da prode quale legionario fiumano, dalla Marcia di Ronchi al Natale di sangue. Si meritò la Stella di Fiume.
Iscritto fra i primi nei Fasci di combattimento, conservò inalterate nella nuova vita dello squadrismo le sue doti ammirevoli di coraggio e d’abnegazione. Di esse fu degna la sua morte, terribilmente gloriosa. Durante l’assedio alla caserma dei carabinieri di S. Ruffillo con una squadra comandata da Giancarlo Nannini, egli salì per una scala entro la caserma, dove, aggredito dai carabinieri, sostenne una lotta epica fin che un brigadiere lo fulminò con una bomba gettatagli a bruciapelo.7
Note
[1] G. Pini, Le legioni bolognesi in armi
[2] G. Pini, Le legioni bolognesi in armi
[3] G. Pini, Le legioni bolognesi in armi
[4] G. Pini, Le legioni bolognesi in armi; Per l’Italia. I caduti per la causa nazionale (1919-1932), a cura del Circolo Corridoni Parma
[5] G. Pini, Le legioni bolognesi in armi
[6] G. Pini, Le legioni bolognesi in armi
[7] Alzabandiera a cura del gruppo di propaganda del Guf di Bologna, settembre 1933