Siamo al 26 marzo – ventinovesimo giorno di guerra tra Russia e Ucraina – e chi scrive sorgono tre domande:

  • dov’è il “default” della Russia?
  • dov’è il rublo diventato carta straccia?
  • dov’è Fitch che, con una rapidità quanto meno sospetta, aveva declassato il rating della Russia?

Dagli inizi delle ostilità la vulgata che va per la maggiore sostiene che Putin, il dittatore “più che animale” e “assetato del sangue di bambini” (così l’han definito il Ministro degli Esteri Di Maio e il Capo Gruppo Parlamentare del PD Fiano, due italiche menti fra le più eccelse …) sta andando incontro al tracollo finanziario condannando alla fame il suo popolo. 

Qualcuno, valutando il peso delle sanzioni imposte da una UE più cazzuta che mai, era arrivato a predire il “default” o tracollo finanziario che dir si voglia, per il 17 marzo. Ricordo la frase di un amico che il 26 febbraio mi disse: “aspetta il 17 marzo e vedrai che fine farà il tuo amico Putin, la Russia sarà in default, il rublo sarà carta straccia e tempo qualche giorno il popolo russo sarà alla fame, e si solleverà contro quel pazzo”. Previsione errata ben 3 volte:

  1. Putin non è mio amico; è un uomo di Stato con le idee piuttosto chiare che appartiene a una realtà storica, politica, sociale, militare e spirituale che non è la mia realtà ma che con la mia realtà ha alcune cose in comune dai tempi di Bisanzio. Io cerco solo di mantenere un minimo di obiettività per orientarmi in mezzo a una situazione inquinata da una vulgata smaccatamente filo-ucraina e anti-russa che impedisce di valutare quel che sta accadendo e perché sta accadendo ma, mi dispiace per i miei detrattori, io non mi accontento della troppo banale giustificazione secondo la quale il tutto è attribuibile alla criminale e sanguinaria pazzia di un tiranno. Troppo facile e soprattutto troppo fallace. 
  2. Il 17 marzo è giunto, la Russia ha pagato in dollari gli interessi negativi maturati e il rublo si è rinforzato, e si è rinforzato anche Putin (pare che un buon 70% dei russi sia con lui!). Ergo, c’è qualche cosa che non va nelle analisi dei tuttologi “de noantri”, esperti ferratissimi oltre che di geopolitica, anche di alta finanza nonché di strategia e di tattica militare e anche di armi e sistemi d’arma (quest’ultima competenza ho scoperto appartenere ai commentatori più pacifisti) e che si accontentano di una banalissima spiegazione che passa per la maggiore nei talk-show senza nessun contraddittorio: Putin è come Hitler.
  3. La propaganda è un importante strumento di guerra che, quanto a capacità di ottundere le menti, ha raggiunto il suo culmine proprio nella nostra epoca riuscendo a far passare per accadute cose mai accadute e veritiere cose dubbie quando non palesemente false (e chi ha un minimo di occhio allenato sa quali bufale riescono a far passare sui video). Però la propaganda ha un difetto, risponde a due regole auree che ne disinnescano la letalità e le impediscono di perpetuarsi: il troppo stroppia e le bugie han le gambe corte

Sì, il mancato default, il rafforzamento del Rublo e di quel “peggio dell’animalità” che è Putin. Ma anche il silenzio, direi quasi imbarazzato, di Fitch, rapidissimo a declassare la Russia, alla Russia appunto sembra non aver fatto un bel niente. Senza contare il fatto che se il 50% del mondo è contro la Russia, l’altro 50% tifa per lei e che Gentiloni (uno che non tifa certo per Putin, anzi) ha ribadito la necessità di calibrare le sanzioni per evitare di far male più a noi che alla Russia.

Però, da persone concrete quali siamo, è d’uopo ormai farcene una ragione: le più qualificate e moderne sedi di geopolitica e strategia, ossia i talk-show, ben più profondamente del MinCulPop riescono a penetrare nell’immaginario comune, a condizionarlo e ad assicurare che tutto quello che viene proposto dal video passa per essere vero, anche se è smaccatamente adulterato.

Una delle astuzie a cui ricorrono gli specialisti delle Psy-Ops, novelle prefiche della vecchia propaganda, è quella del “rimando storico”, ossia paragonare fatti attuali a periodi storici spaventevoli che hanno marcato negativamente la nostra psiche. Attualmente l’astuzia che va per la maggiore  è quella del rimando al periodo 1939-45, ma basta una spolveratina di storia  per rendersi conto che Putin non è Hitler come l’Ucraina non è la Polonia e che in giro non ci sono Stalin, Churchill, Mussolini e Franco e l’unico rimasuglio di onnipotente capo di una nazione è solo l’imperatore del Giappone il quale, recentemente, ha addirittura ridimensionato la sua sacralità; non ci sono più le colonie, però ci sono molte bombe atomiche, e le ragioni che hanno portato Hitler a invadere l’Europa non sono le stesse che stanno muovendo Putin a occupare l’Ucraina per un motivo molto semplice: Non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume” (come ha chiosato Eraclito, il più pragmatico dei filosofi), perché il fiume della storia, scorre di continuo e anche noi, di continuo cambiamo. 

Ma la vulgata se ne fa un dovere di insistere su questa ormai atavica paura, ed è per questo che Putin insiste ad accusare Zelensky di essere un nazista. Sicuramente più furbo che feroce, Putin ricorre a un antidoto contro le Psy-Ops occidentali che stanno applicando la “redirected behaviour activity”, ossia indirizzare l’attenzione altrove (meglio se verso lo spauracchio del pazzo e sanguinario per eccellenza, ossia Hitler) per allontanarla dal target vero e proprio, ovvero: le ragioni che hanno condotto a questa situazione di guerra guerreggiata, che sono la via maestra per giungere al tavolo delle trattative, ma tutto è orientato al fine di tenerle fuori dai giochi quelle ragioni. Infatti, chi osa proporre di valutare perché siamo arrivati a questo punto vien accusato di essere un filo-putiniano, un’accusa che non ha ragion d’essere per un motivo molto semplice: libertà di pensiero vuole che uno possa essere filo-qualcuno o qualcosa.

Uno degli argomenti che viene usato contro Putin è che è interessato solo all’annientamento dell’Ucraina. “Ricordatevi cos’ha fatto ad Aleppo” ha tuonato un commentatore in uno dei soliti talk-show, ebbene ad Aleppo c’era l’ISIS che grazie a Putin è stata sloggiato.  

Mi preme ricordare che quando i russi erano schierati in Siria per combattere le milizie jihadiste, Putin aveva proclamato «Contro l’ISIS uniti come lo eravamo  contro Hitler»

Via, smettiamola … troppo semplicistico e banale dire che Putin ha invaso l’Ucraina perché è un satanasso assetato di sangue mentre Zelensky è un angioletto con tanto di alucce; che i russi avevano previsto di effettuare un blitzkrieg e invece si sono impantanati. Smettiamola di dire che dopo l’Ucraina Putin ingoierà anche le repubbliche baltiche; che le sanzioni ridurranno la Russia alla bancarotta; che i russi sono ormai tutti contro Putin, salvo poi sostenere che sono diventati così schiavi del novello Zar che è bene applicare una sorta di  “cancel culture” anche a Dostoievsky bandendolo dai teatri e dalle università. Via smettiamola, recuperiamo un minimo di onestà.

Insistere nel ridurre a queste considerazioni da scuola elementare una situazione così complicata, articolata e per certi aspetti inconfessabile, e usare tutti i mass media per accreditarle significa creare una cortina nebbiogena affinché la verità rimanga celata, una cortina che fa perdere la bussola e che fa dire quelle cretinate che abbiamo sentito dire da un ministro (Putin che sarebbe un animale) e da un capo gruppo parlamentare (Putin assetato del sangue dei bambini).

Previa quella premessa scontata, diremmo tautologica, ma obbligatoria: “l’aggressore è la Russia e l’aggredito è l’Ucraina”, richiesta da una vulgata che affronta la questione con piglio più ideologico che realistico, diamo un’occhiata ai fatti che dal 2014 hanno portato a questa situazione: 

14 febbraio 2014, la famosa rivolta di Maidan (marcata da violenze scatenate da milizie “neonaziste” le quali riescono a farla franca facendo ricadere la responsabilità sul governo) sfocia in un colpo di stato facilitato dagli USA

Il 16 febbraio dello stesso anno, la lingua russa è vietata e l’ucraino diventa la lingua ufficiale e obbligatoria. Segue l’annessione della Crimea e del Donbass. I corpi paramilitari “neonazisti” vengono integrati nelle forze armate ucraine e si occupano di cinturare il Donbass con reparti di fanteria e batteria di artiglieria (il totale dei morti russofoni ammonta a 14.000).

A partire dal 2015 la pressione contro il Donbass si fa sempre più consistente, l’esercito ucraino affiancato dai battaglioni Azov, Aidar e Pravy Sektor si schiera lasciando prevedere un assalto contro la regione russofona. Lo stesso avviene per le città di Odessa, Mariupol e Kharkiv.

Nel 2019 la Rand Corporation, un’emanazione del Pentagono, indica la Russia come il nemico strategico principale degli USA (si badi bene: sono passati 30 anni dalla fine della guerra fredda) e valuta il costo/beneficio delle eventuali possibili opzioni americane (Overstanding and Unbalancing Russia. Assessing the Impact of Cost-Imposing Options).

Nel 2020 la spiralizzazione della tensione è rallentata dal  Covid nonché dalla campagna elettorale americana (a Kiev si attendono ordini da Washington).

Nel 2021, con l’elezione di Biden, la situazione inizia a deteriorarsi: 

  • 17 marzo, Biden definisce Putin un assassino;
  • 18/19 marzo, Blinken e Sullivan tentano di dissuadere la Cina dall’allearsi con la Russia; 
  • 24 marzo, Zelensky dichiara voler riprendersi  Crimea e Donbass;
  • 25 marzo, la Russia ammassa truppe alla frontiera con l’Ucraina; 
  • 13 aprile, Biden richiama la flotta dal Mar Nero e invita Putin a un incontro da tenersi a Ginevra che avviene il 16 giugno ma non sortisce risultato;
  • 15 dicembre, Putin et Xi Jinping affermano che la loro è un’alleanza che va oltre l’alleanza. Lo stesso giorno la Russia propone agli USA due trattati di pace esigendo una risposta scritta per evitare “di cadere nella trappola degli impegni orali dati a Gorbaciov nel 1991”. Droni ucraini sparano sulla popolazione del Donbass, i russi mettono in stato di allertamento le truppe schierate al confine con l’Ucraina;
  • 4 febbraio 2022, Putin e Xi Jinping confermano la loro alleanza e riaffermano la reciproca amicizia sancendo che tra Cina e Russia non vi sono zone di cooperazione vietate;  
  • 7-12 febbraio, la mediazione di Francia e Germania fallisce perché non sono riuscite a convincere Zelensky ad applicare gli accordi di Minsk;
  • 24 febbraio … è guerra.

Tuttavia, la protezione del russofono Donbass e la neutralizzazione dell’Ucraina sono solo le cause più evidenti del conflitto.

Altre cause di ben più elevato livello strategico-militare stanno alla base di questa guerra che nessuno pensava potesse scoppiare. Si tratta di quell’equilibrio che attiene al potenziale missilistico nucleare definito “dottrina della mutua distruzione” che consiste nel mantenimento di un “equo” rapporto tra attacco e risposta, rapporto che, con l’adesione dell’Ucraina alla NATO, verrebbe a mancare annullando di fatto la possibilità di risposta  della Russia. 

In effetti, una volta acquisita l’Ucraina nell’orbita militare occidentale, la NATO vi avrebbe istallato delle armi nucleari come in Polonia e in Romania ponendo Mosca a soli 5 minuti dalla “total destruction”, assolutamente insufficienti per una risposta.

La sola possibilità che la NATO installi dei missili in Ucraina rompe quell’equilibrio sovresponendo la Russia a una minaccia che non è in grado di fronteggiare, non disponendo di un sistema di allertamento antimissilistico performante come quello degli Stati Uniti. Sarebbe un po’ come l’installazione di missili a Cuba (l’Unione Sovietica ci provò nel 1963) o in Messico, qualsiasi Presidente statunitense farebbe il diavolo a quattro.

Eh sì, viviamo in un’epoca (inaugurata con le bombe atomiche lanciate dagli Stati Uniti sul Giappone) in cui il rapporto tra le potenze affermatesi a Yalta si basa su un equilibrio che più mortifero non si può, anche per chi a Yalta non era stato invitato.

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