Sempre più spesso si parla di Esercito Europeo, e siccome a parlarne è chi soldato non è, sfugge che la denominazione esatta sarebbe quella di Forze Armate Europee. Esercito, infatti, indica solo la forza terrestre e non penso che l’Europa voglia tralasciare la componente aerea e navale.

Quindi, FF. AA. (Forze Armate) Europee, per cui: uniche armi, unici soldati (caporali e generali), unici reparti, unico equipaggiamento, unica lingua (quale? L’inglese obviously) e unico modo di pensare: pensare alla maniera di Bruxelles, ovviamente.

Ma come diavolo si può riuscire a realizzare questa unità di intenti e procedure? Dio solo lo sa. Io mi limito a chiedermi: ma chi è quel genio che sostiene un’idea che più inapplicabile non si può?

Qualcuno lo reclama a gran voce, questo «Esercito europeo»: Mattarella e Macron; qualcuno lo sogna: gli europeisti incalliti. A me il solo pensiero che esista una Forza Armata che dipende dai burocrati di Bruxelles fa venire l’orticaria e da vecchio soldato mi unisco al grido di battaglia di Fantozzi: la Forza Armata europea è una cagata pazzesca, proprio come la «Corazzata Potemkin».

La Forza Armata, si tratti di Esercito, Aeronautica, Marina o Carabinieri, è la massima espressione identitaria di una nazione, intendendosi per nazione un’unità storica di popolo, lingua, territorio, cultura e tradizioni.

Basti pensare ad alcuni reparti e al legame con la loro realtà territoriale:

  • come si fa a pensare ai Lagunari senza andare con il pensiero a Venezia?
  • come si fa pensare ai Gordon Higlanders britannici senza andare con il pensiero alla Scozia?
  • come si fa a pensare al 2° REP senza andare con il pensiero alla Corsica?
  • al Tercio senza andare a Ceuta e Melilla?
  • E gli Alpini?
  • E la Brigata Sassari?

Qualcuno spieghi come può un soldato identificarsi con un coacervo di vissuti storici, lingue, culture e tradizioni – spesso in antitesi – quale è l’Europa attuale?

Sorge quindi un interrogativo fondamentale, definitivo: come fa un soldato italiano a fondersi con un soldato francese (tanto per citare un paese confinante), oppure con un soldato britannico o danese (tanto per citare paesi più lontani)?

IMPOSSIBILE, per un motivo molto semplice: perché è un controsenso, un ossimoro, una follia pazzesca che cancellerebbe il principale fattore identitario di ogni popolo: l’uomo in armi, con la sua uniforme, il suo schioppo e la sua bandiera.

Una sciocchezza quella dell’anziano Presidente Mattarella che ha retto il bordone al giovane presidente Macron, il quale propone una «difesa unica»… Ma che cosa vorrà poi dire «difesa unica»?

Come è una sciocchezza la perplessità espressa da alcuni analisti che, pur sostenendo il progetto di uniformare le FF.AA. degli stati europei in un unico strumento, esprimono perplessità perché l’iniziativa potrebbe «irritare gli Stati Uniti». Altro che irritarli, gli USA ne sarebbero ben lieti per una ragione essenziale: affrancati dall’impegno NATO, detterebbero le loro condizioni a Forze Armate che ancora non hanno capito (e tarderanno moltissimo a farlo) come vestirsi, come armarsi, quali procedure adottare e, soprattutto, saranno vulnerabili, vulnerabilissime a livello Comando-Controllo-Comunicazioni (CCC), perché il sano buon senso suggerisce che: «quando più galli cantano non si fa mai l’alba».

A parte i decenni che ci vorranno a far combaciare procedure militari (tattiche e logistiche) diverse e diverse catene di CCC, ritengo impossibile e controproducente integrare soldati (caporali e generali) diversi con diversa visione etica e morale della guerra, e persino della vita, maturata in un percorso storico diverso.

Ad esempio, la capacità combattiva britannica è diversa da quella italiana per un motivo di civiltà: i britannici sono soldati efficienti ed efficaci, ma non esitano a travalicare la forza trasformandola in violenza, anche quando è palese che non è necessario né utile esagerare; lo stesso valga per i tedeschi. Il soldato italiano invece è efficiente, efficace, ma difficilmente diventa spietato.

L’idea di una Forza Armata europea non è solo velleitaria – tanto velleitaria da essere irrealizzabile – ma soprattutto è una canagliata strumentale a cancellare il fattore identitario dei popoli europei per farne un melenso piattume gradito solo ai burocrati di Bruxelles, e realizzare un’entità armata buona solo a sostenere quelle iniziative falsamente umanitarie di cui è punteggiata la politica dell’Unione Europea.

L’Europa, in realtà, non vuole un Soldato, sia esso di cielo, di terra o di mare, con la S maiuscola, pronto a usare il fucile per difendere la Patria. Vuole solo qualcosa di più di un volontario delle ONG, più affidabile, più preparato, maggiormente pronto anche a farsi valere, perché comunque porta uno schioppo, ma niente più.

Caro, troppo caro Mattarella, le Forze Armate di cui lei è il Comandante in Capo sono una realtà creata dalla storia della nazione di cui lei è Presidente, e di quella nazione ne esalta i valori più alti e l’identità. Le Forze Armate Italiane hanno esaltato, perfezionato e incanalato le più virili spinte verso la difesa della Patria e il fatto che lei, Presidente, tifi per la loro dissoluzione in una struttura a suo giudizio superiore, mi fa incazzare come un picchio. Perché delle due l’una: o il Comandante in Capo non ha capito il valore della struttura che comanda, oppure è un renitente. Tertium non datur.

Nel mio trascorso di soldato ho operato con i Berretti Verdi del «10th Special Forces Group» e i SEALS statunitensi, con il SAS britannico, con i ParaCommando belgi e i CRAP francesi, e mi consta che nessuno di loro sia disposto a rinunciare alla propria identità soldatesca per dissolversi in un esercito diverso da quello espresso dalla loro nazione; e so anche che, per questo, sono disposti all’estremo sacrificio.

Articolo precedenteSul valore dei nostri militari in Afghanistan
Articolo successivoAfghanistan: bilanci e considerazioni. Intervista al Gen. Marco Bertolini