“Essere ciò che si vuole è un diritto di tutte”. Questo è quanto affermato dalla “sindaca” di Torino, Chiara Appendino, in occasione della recente kermesse femminista denominata “festa della donna”.

La frase pronunciata dalla Appendino rappresenta in pieno la fase storica che la nostra Nazione – insieme al resto dell’Occidente – sta attraversando. Una fase caratterizzata dalla degenerazione dei costumi, la cui ragione è da ricercare nella volontà di sciogliere ogni vincolo con l’ordine naturale che caratterizza le cose esistenti, ossia il loro modo di essere (come sono fatte) e le relazioni tra esse intercorrenti.

Il motto “divieni ciò che sei!” (il primato dell’essere sul divenire), che aveva caratterizzato il modo di pensare e di stare al mondo dei nostri avi, consapevoli di vivere in una realtà connotata da un ordine dato e di origine trascendente, da alcuni decenni è stato sostituito dal motto “sii ciò che divieni” (il solo divenire) che pone le persone in balia di un indefinito divenire. Da qui la rivendicazione del diritto ad essere ciò che si vuole.

Essere ciò che si vuole senza alcun tipo di vincolo, e se i vincoli ci sono peggio per loro. La realtà – intesa come ciò che le cose sono e sanno fare per natura – non esiste se non nella mente di chi non è ancora riuscito a liberarsi dagli stereotipi imposti dalla mentalità che ha informato l’Italia, almeno sino agli anni Sessanta del secolo scorso quando, col fatidico Sessantotto, sono stati rotti gli argini del senso comune e la follia è divenuta nota dominante.

Ammantata delle più suadenti motivazioni – capaci di sollecitare, di giustificare e di esaltare il vizio e denigrare la virtù – la sovversione ha raggiunto ormai ogni aspetto della nostra esistenza, infettando tanto i singoli quanto le istituzioni. Dalla Chiesa alle Forze Armate, passando per una classe politica in larga parte composta da figure indegne e incapaci di perseguire il bene comune, non c’è ambito del consorzio umano scevro dagli effetti devastanti di una mentalità in cui il culto dei diritti si concretizza nella desolazione di una penosa decadenza morale e fisica, vero virus mortale di questi nostri disgraziati tempi.

La radice satanica della deriva libertaria scaturita dal Sessantotto è facilmente individuabile negli effetti prodotti dall’affermarsi dei cosiddetti “diritti civili”, promossi dal progressismo in tutte le sue declinazioni. L’emancipazione dell’umanità dall’ordine naturale e dai costumi ad esso conformi, è un triste elenco di tappe ognuna delle quali volta alla dissoluzione ed alla morte dell’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio; una sovversione dell’ordine interiore della natura umana, che ha posto l’intelligenza e la volontà in balia dei sensi e delle pulsioni.

Il divorzio, che colpisce l’integrità della famiglia, ossia la cellula-base della società; l’aborto, che fa dello Stato il garante della soppressione della vita umana innocente e indifesa; la droga, che promuove l’alterazione dello stato di coscienza dei giovani, minandone la salute del corpo e della mente; l’omosessualismo ed il genderismo che promuovono la sovversione del costume sessuale con le scontate ricadute sull’equilibrio psichico delle persone ed il disordine sociale che ne deriva. Ecco il desolante elenco delle “conquiste civili” ottenute dai partigiani dell’emancipazione, veri e propri agenti al servizio di colui che è “omicida sin dal principio” (1).

L’affermazione della Appendino, dunque, offre l’occasione per riflettere su come si sia giunti all’attuale stato di crisi della nostra società. Un percorso di distacco progressivo dal solido punto di riferimento costituito dall’ordine naturale e dalla legge morale in esso radicata, un percorso i cui effetti possono essere combattuti solo attraverso la riscoperta e l’esercizio delle virtù e la ferma adesione ai principi ed ai valori ben sintetizzati dalla triade Dio-Patria-Famiglia. Solo la piena consapevolezza del dovere di vivere conformemente alla nobiltà della natura umana – compito grave e supremo dell’attività educativa – può scongiurare l’orribile prospettiva di un’umanità in fuga dalla civiltà (2).    

Note

(1) Voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna. (Vangelo di San Giovanni 8:44).

(2) Termine che esprime la maniera in cui è organizzata e condotta la vita del consorzio civile, ossia la cultura, le istituzioni e lo stile di vita che caratterizzano l’esistenza di un popolo, secondo princìpi di riferimento. Una civiltà, un modello di organizzazione del vivere in società, giunge al suo massimo compimento, nella misura in cui si rende capace di perseguire il bene comune, in piena adesione all’ordine naturale ed alla legge morale che ne deriva.

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