Qualche settimana fa, una delegazione di militari appartenenti alle Forze Speciali e al comparto logistico dell’Esercito Italiano, si è recata nel Sahel-Sahara dove, dopo una breve riunione con il comando delle Forze Francesi (in area da anni), ha svolto la ricognizione di un’area verosimilmente destinata a diventare la Base Operativa Avanzata (BOA) delle nostre Forze Speciali proiettate in quel teatro.

Malgrado la comprensibile esiguità di informazioni, non è difficile determinare a grandi linee quale sarà la consistenza di quel contingente:

  • un centinaio di uomini delle Forze Speciali di Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri (ossia Nono Col Moschin, Comsubin, 17° Stormo e GIS): anche in seno alle Forze Speciali esiste la “par condicio”;
  • supportati tatticamente da reparti di élite quali gli Alpini Paracadutisti del Monte Cervino, i Paracadutisti del 185° RRAO (Reggimento Ricognizione e Acquisizione Obiettivi) e i Carabinieri Paracadutisti del Tuscania.

Per un totale che dovrebbe superare di poco i 200 uomini, ovviamente supportati da una componente di veicoli e velivoli (specie elicotteri) da ricognizione, trasporto e combattimento.

Non è nemmeno necessario possedere doti profetiche per prevedere che l’organizzazione del nostro contingente ricalcherà quella della TF 45 in Afghanistan che ha fruttato numerosi successi e riscosso tanti plausi da parte delle autorità militari internazionali.

E neppure sarà difficile immaginare i compiti reali che le nostre Forze Speciali saranno chiamate a svolgere:

1) mentoring, parola poetica per definire l’attività di addestramento delle forze locali e la loro condotta/accompagnamento in operazioni militari;

2) ricerca di informazioni;

3) serch and destroy, ossia, ricerca e distruzione. 

Un territorio vasto, con pochi appigli tattici e un nemico agguerrito, sperimentato, ad elevata mobilità, il cui gruppo di fuoco è composto da elementi ex-ISIS e del jihadismo algerino, conoscitore del terreno per esservisi impiantato ormai da quasi una decina di anni e che può contare su alleanze di parentela con le numerose tribù Tuareg. Fattori, questi, che rendono il compito dei nostri soldati molto arduo ma – come dai tempi della Prima e Seconda Guerra Mondiale, e delle numerose missioni compiute in zona d’operazione dal 1982 ai giorni nostri – è certo che le nostre Forze Speciali sapranno onorare quel motto “quando solo loro vanno”, inventato da un’amica giornalista che si occupa del settore.

Un’unica preoccupazione: quando si parla di minaccia jihadista insistente nel Sahel-Sahara, si è portati a rivolgere le armi verso l’interno della regione solcata dalle tracce dei pick-up armati dei gruppi Tuareg da preda/contrabbando e jihadisti. Ebbene, si tenga presente che ora, con la Turchia di Erdogan schierata in Libia, esiste anche un “fronte nord” dal quale potrebbe arrivare di tutto, quanto a minaccia.

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