“Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato”.

Così inizia il più famoso, ed il più inquietante, romanzo fantascientifico di George Orwell, 1984.

Quante volte abbiamo sentito, quasi sempre a sproposito, citare questo libro per descrivere la società attuale? Dalla sinistra radicale contraria alle telecamere nei parcheggi (spesso per nascondere i loro reati, tirando in ballo la libertà e la riservatezza) ai complottisti da tastiera convinti che nei lampioni ci siano le microspie, lo spettro del Grande Fratello viene continuamente evocato.

Eppure, basterebbe una lettura approfondita dell’opera, oppure la visione delle sue fedeli trasposizioni cinematografiche, per accorgerci che la realtà è molto più complessa e molto più vicina noi, una realtà creata forse inconsciamente da chi, avendo letto il libro, vuole combattere affinché il mondo in esso descritto non si avveri.

Partiamo dal presupposto che oggi non esiste una forma di controllo diretto delle nostre vite sullo stile dei famosi teleschermi. Naturalmente, l’avvento del web ha consentito ai piani alti di monitorare le nostre opinioni, tuttavia per ora ci si può aggrappare solo al modo in cui vengono espresse e le eccessive censure ricadono ancora nell’abuso, se non nella calunnia. A differenza del Socing, il sistema attuale tende più a controllare le nostre abitudini per adattare il mercato oppure per farle cambiare adattandole a loro volta.

Tra il mondo ipotizzato da Orwell e la società occidentale vi è però un comune denominatore: il controllo della mente e il convincimento delle masse di vivere nel mondo migliore possibile. E questo a prescindere dal sistema socialista di Oceania e dal sistema ultracapitalista euro-americano in cui ci troviamo.

Sfogliando le pagine, sembra quasi di leggere un manuale di gestione della società di oggi, una predizione che probabilmente nemmeno Orwell aveva contemplato, essendo il suo libro indirizzato verso i regimi comunista e nazista.

Il primo aspetto riguarda il già citato controllo delle masse, a seconda del grado culturale e del censo. Se nel libro i membri del Partito esterno (erede della classe media) devono conformarsi alla lettera alle disposizioni del teleschermo, altrettanto accade oggi per mantenere quegli ultimi diritti sociali rimasti. La classe media diventa il veicolo facilmente ricattabile o plasmabile per dare una parvenza di libertà al popolo. In caso di dissidenza, non si viene certo torturati e vaporizzati, ma vi è comunque una sorta di discriminazione sociale e lavorativa, fino ad arrivare al penale.

Anche chi si sente parte del sistema, può usare una parola sbagliata o fraintesa, per la quale il tribunale progressista emette la sua sentenza, invocando la rieducazione dello “psicocriminale”, un nuovo agente di Goldstein che fino a poco prima non sapeva d’esserlo. Nel mondo reale, la ribellione di Goldstein viene arricchita di aggettivi più disparati – fascista, populista, sovranista, solo per citarne alcuni. Alcuni concetti, fino a ieri ordinari, sono oggi oggetto di demonizzazione ed esposti davanti alla folla urlante di rabbia che invoca la morte di chi le professa; basti pensare ai titoli giornalistici riguardanti un personaggio pubblico che usa parole proibite, “esplode la rabbia sul web” ci dicono, i commenti sui social network si riempiono di cattiveria e folli isterie. La psicopolizia, anche da noi, è quasi più attenta ai reati ideologici rispetto a quelli che creano danno reale. Notiamo infatti l’attenzione mostrata alle commemorazioni per i caduti, quante risorse vengono spese per controllare che il braccio non sia troppo teso, mentre poco più in là uno spacciatore vende morte.

Tra i concetti stravolti, la Famiglia è quella più colpita, sia nella finzione che nella realtà. In Oceania, la Famiglia è temporaneamente tollerata per motivi logistici ma piano piano viene snaturata dei suoi valori affettivi e del suo ruolo di colonna portante della società; tutto l’amore deve essere rivolto al Partito, senza eccezioni.

Nell’Occidente reale, la Famiglia viene smembrata innanzitutto nella definizione, poi nella forma e nell’animo. Famiglia diventa ciò che sente il singolo individuo, o meglio crede di sentire; in realtà, ha la mente plagiata dalla religione progressista, la famiglia si è dissolta nella comunità amorfa mondialista.

Stesso discorso, in forma diversa, vale per la Patria. Oceania ha sì caratteri vagamente patriottici, ma si tratta di un patriottismo vuoto del tutto privo di radici, fondamentali per ogni sentimento nazionale. Ricorda quasi il patriottismo sovietico, fondato esclusivamente sull’ideologia e sulla rivoluzione, scollegato da ciò che accadde prima del 1917.

Nel nostro mondo, il patriottismo in sé è quasi un tabù e, grande differenza da Oceania, non vi è la proiezione di potenza, ma solo un regime di autoammirazione per Europa, ONU e altri organismi sovranazionali. Ad ogni modo, anche qui, ciò che fu prima del 1945 è considerato come qualcosa da dimenticare o da rivisitare in chiave progressista (chi controlla il passato controlla il futuro, appunto). I collegamenti con ciò che fu sono inseriti nel generico calderone del “fascismo”, assieme a qualsiasi dissidenza.

Anche il concetto di Dio viene annullato o cambiato. Nel libro è il Grande Fratello, nella realtà è il solito pensiero unico che si manifesta attraverso i mostri sacri, venerati quasi come santi. La stampa non si interessa più dell’opinione del popolo, ma dei grandi filantropi europeisti o atlantisti, dei principali capi di Stato e di governo dei Paesi dominanti, dei noiosissimi opinionisti che intasano le tv.

E se i valori vengono distrutti in maniera parallela tra le pagine e nella vita, lo stesso accade per la società.

Il popolo viene confinato nella vita vuota, vissuta solo per soddisfare i bisogni primari, senza alcuna aspirazione né spirito critico: esattamente come i prolet, il popolo è talmente svuotato da non considerarsi più una minaccia. La classe media, come già accennato è tenuta sotto controllo ed eventualmente rieducata. La classe dirigente ci fa credere di badare a noi, ma in realtà ci usa per la propria bramosia, convincendoci che un sistema diverso sarebbe peggiore, smontando la nostra identità e la nostra cultura.

In questo ambito, la neolingua diventa un nuovo, spaventoso parallelo con la realtà. Se Orwell vedeva ridursi il dizionario, noi vediamo le lingue europee modificate e inquinate. Termini anglofoni inutili, asterischi di genere, messa al bando di parole considerate offensive, pur arrivando dal latino, sono solo alcuni dei danni provocati alla nostra identità, un mezzo per colpire ulteriormente ciò che siamo.

Concludiamo con un pensiero. Se la ribellione in Oceania è solo una messinscena creata ad hoc per scovare i dissidenti, consapevoli o meno di esserlo, la nostra ribellione può e deve essere reale.

E per attuarla, basta riscoprire chi siamo. Perché noi non siamo i morti, noi siamo i vivi.

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