Sta facendo in questi giorni scalpore il video di un balletto dei cadetti della Marina sulle note di un noto tormentone; nel frattempo, la desecretazione – anche se parziale – dei rapporti del CTS mettono nei guai il Presidente del Consiglio; contemporaneamente, uno dei posti chiave nella gestione dei soldi del Recovery Fund (che pagheremo lacrime e sangue) è strato affidato ad un ragazzone con la terza media, mentre il Ministero della Pubblica Istruzione è affidato ad una donna che, seppur molto attraente, si sta dimostrando del tutto inefficace nell’espletazione dei suoi doveri in tempi straordinari.

Ciò che va analizzato non sono i fatti in sé, ma ciò che sta portando ad una così pessima gestione dei poteri dello stato e una così scarsa espressione della “vox populi” a tutti i livelli, dalla classe dirigente passando alla classe industriale, fino agli strati più bassi della popolazione.

Viviamo in tempi in cui la politica non riesce più a smarcarsi dal ruolo di “simpatico vicino di casa”. Se un tempo, infatti, la politica discendeva da appassionate eccellenze, l’ondata anti-politica grillina – e la forza di alcuni gruppi di potere sovrastatali – hanno sostituito uomini e donne forgiati in militanza e formazione durate anni con una banda di sprovveduti occupatissimi a riempire i social di autoelogi, selfie e fotografie con gattini.

La totale assenza di una classe politica degna di tal nome e di seri ed indipendenti pensatori ha forgiato una generazione di persone senza più principi né ideali, una vita “comoda”, preda dell’individualismo e del compromesso, ha contagiato le nuove generazioni che, private di un esempio, diventano incapaci di trovare quella missione e quell’obiettivo che trascendono la vita dell’individuo nella costruzione di una realtà immortale. Ed ecco allora la corruzione delle forze dell’ordine, la trasformazione delle forze di polizia in spacciatori e del sacro corpo della Marina in giullari di corte.

Questo succede quando si perde il concetto di Patria, quando si svirilizza l’uomo e si educano le nuove generazioni all’anarchia del diritto senza dovere. A questo punto, l’unica via d’uscita è che il popolo stesso riprenda in mano il proprio destino. Bisogna che il popolo assuma la consapevolezza che non è con la rinuncia dei principi che si conquista libertà, ma che lo si può fare soltanto lavorando per tutto l’opposto.

Bisogna che la politica torni ad essere frutto di militanza e passione, che sia nuovamente vista come responsabilità e non come realizzazione personale. Che la poltrona sia strumento e non fine, che l’appartenenza all’esercito sia missione e non conquista “del posto fisso”. Che ogni uomo torni dunque a mirare alla grandezza della Patria e non solo a quella personale, che la massa torni a sognare in grande e non a provare ciò che sembra meno peggio. Che si torni a combattere fra manifesti messi di notte e con manifestazioni di piazza. Che si smetta di chiudere gli occhi per il quieto vivere ma che si inizi nuovamente a vivere pericolosamente per vivere davvero per dare a tutto di nuovo un senso.

Articolo precedenteEmergenza di Stato
Articolo successivoL’assurda esibizione che ha offeso l’onore militare