La Nazione è il Popolo, il Popolo è la Nazione.

La polveriera europea è sul punto di esplodere, compressa in uno stato di emergenza reiterato, prolungato.

In piazza Victoriei a Bucarest, il popolo protesta contro l’OMS e le menzogne propinate dall’organizzazione a favore del colosso cinese, reo di non essere stato trasparente riguardo al Covid 19 e la pandemia.

Le conseguenti misure restrittive adottate dal governo prevedono azioni da Inquisizione Spagnola, cui si oppone anche il leader di “Diaspora” che in un video comunicato – con calma e contegno da gelare il sangue a chi scrive – chiama, senza mezzi termini, i rumeni alla battaglia.

“Se dopo il 15 luglio, il Parlamento, il Governo e il Presidente, non avranno ritirato o modificato le restrizioni riguardo la salute pubblica, preparatevi. Vi chiamerò. Ci organizzeremo sul modello paramilitare, presentandoci come un esercito.” Aggiunge, poi, rivolgendosi direttamente agli organi statali: “Sarà guerra! O moriremo noi, o morirete voi!”

Il nuovo lockdown proclamato dal presidente serbo Vucic ha scatenato l’ira popolare a Belgrado. I serbi hanno assediato la piazza, sfondando il cordone della polizia e assaltando il Parlamento.

Vucic, intenzionato a imporre un nuovo coprifuoco, si è trovato di fronte – e non in senso figurato – il popolo arrabbiato che, evidentemente, non ha dimenticato la chiamata alle urne di giugno, che ad oggi, di fronte ad una nuova serrata nazionale, pare a dir poco paradossale.

La folla inferocita si è scontrata con 200 agenti in assetto antisommossa. Al lancio dei lacrimogeni è seguito l’incendio di alcuni veicoli delle forze dell’ordine. Secondo il governo e la polizia, dietro la parte più violenta del dissenso, ci sarebbero le forze d’opposizione, sostenute da estremisti di destra – il solito capro espiatorio – accusati di voler prendere il potere con la forza. La protesta non si è fermata, ma è continuata, poi, rientrando nei ranghi.

In Polonia, invece, la destra sovranista di Duda vince le elezioni, scuotendo il tanto delicato equilibrio europeo. Il Presidente, che si era già opposto a tutte le politiche a favore di una maggiore integrazione europea, ma che avrebbero intaccato, se non distrutto, la tradizione della Nazione polacca, continua lungo la strada intrapresa, mentre Krzystof Bosak, sostenuto da Konfederacja, coalizione nazionalista e sovranista, è la nuova e pungente spina nel fianco di Bruxelles.

A nulla sono valse gli accorati appelli del leader storico di Solidarność, Lech Walesa, contro i pericoli del Nazionalismo. Walesa parla di “minacciosi demoni del passato”, dimenticando che i demoni di cui parla, i comunisti, hanno soltanto svestito le uniformi maoiste per indossare giacca e cravatta, sedendo nel parlamento dell’Unione.

Serbia e Polonia furono, già in passato, origine degli scontri più sconvolgenti in terra d’Europa. Nel 1914, la Serbia fu la scintilla che diede inizio alla Grande Guerra, scoppiata per mano di Gavrilo Princip e l’uccisione dell’Arciduca Francesco Ferdinando. Nel 1939, fu, invece, la Polonia, invasa dalla Germania di Hitler, il detonatore che fece esplodere il secondo conflitto mondiale.

Che gli avvenimenti odierni possano essere causa di una nuova deflagrazione, che metta a ferro e fuoco il continente?

La Nazione è il Popolo, il Popolo è la Nazione. Lo stato di emergenza spinge le masse sull’orlo del baratro, mentre i governanti si preparano ad un’ennesima spallata.

Si guardino attorno i parrucconi al potere che, dall’alto dei palazzi dorati, sfidano la capacità di sopportazione del popolo, perché le fondamenta sono minate e a dar fuoco alle polveri, la storia lo insegna, basta veramente poco.

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