Troppo a lungo ci siamo dimenticati dei nostri eroi e delle nostre eroine, rivanghiamo un passato a volte troppo recente o troppo lontano per accorgerci della ricchezza che si trova nel mezzo a questo passato. Giovanna d’Arco merita di essere ricordata come
eroina della nostra Civiltà e solo il Medioevo poteva partorirla.

Non era una matrona romana senza diritto alcuno (il diritto delle donne non esisteva in epoca romana, erano sempre sottoposte alla potestà del padre o di un tutore che ne faceva le veci) o una figlia/moglie di qualcuno.

Era, Jeannette, una contadina della Loira che armata della sua sola Fede salvò la sua patria e il suo re. È una storia straordinaria che vale la pena di essere qua umilmente tratteggiata, se non altro per esprimere questo grande esempio da seguire per le donne d’Europa.

Da subito si cercò di de-femminilizzare la santa: «era un maschio mancato?» nel senso di femmina “ammaschiata”. No, i racconti, le fonti e i numerosi testimoni coevi affermano che Jeannette era «come le altre»: una fanciulla che sapeva fare la contadina, filava e cuciva, pregava con la madre e stava con le altre ragazze del
villaggio.

Una normale ragazza dell’epoca dunque e quando la sua vita cambiò non tradì mai la sua natura, ma la mise a servizio della Fede e della patria di Francia che con la spada contribuì a redimere.

Siamo nel XV secolo, il Medioevo sta sfumando o meglio si sta trasformando senza perdere il suo retaggio, ci troviamo in quel tempo che lo storico Johan Huizinga chiamò con genialità L’Autunno del Medioevo.

La Francia è un paese occupato, la crisi dinastica dette largo vantaggio ai rivali inglesi che ora, in quanto discendenti dei
sovrani di Francia, reclamavano diritti sulla corona di Francia.

L’opposizione interna al paese tra gli Armagnacchi e i Borgognoni alleati degli inglesi rendeva il regno una terra sotto l’egida della legge d’oltremanica che sia diretta o indiretta e mediata dal
Duca di Borgogna.

Nella bassa Loira vive una fanciulla di diciannove anni cresciuta
nella vita contadina dal padre insieme ai fratelli e iniziata alla Fede incontrastata di quei secoli dalla madre che le insegna le preghiere, la Grazia e la Cortesia di una dolce contadina francese.

Sarà proprio questa contadina a salvare il regno e a “incoronare” il re legittimo, Carlo di Valois anch’esso diciannovenne.

Le grinfie del re inglese giunsero anche presso i paesaggi incantati della Loira, il villaggio di Domrémy venne assediato dal Duca di Borgogna, il comandante Robert de Baudricourt era fedele al re legittimo e si occupava di difendere la fortezza di Vaucouleurs. In questa atmosfera di vita contadina tranquilla, turbata dagli assalti inglesi e dalla crisi di potere in seno al regno di Francia, la piccola Jeannette sente la sua prima voce, le appare l’Arcangelo Michele, campione di Dio, archetipo guerriero cristiano e comandante delle milizie celesti, le pronuncia una sola e semplice frase: «il re ha bisogno di te».

Basta questo, la giovane donna si precipita al comando del
forte per chiedere udienza e per chiedere di essere portata a Chinon dal re.

La voce si sparge, si dice che una fanciulla romperà l’assedio dei borgognoni, Giovanna trova subito amici e persone fedeli che le credono e che le vogliono bene, il suo cuore puro ispira un senso di dolcezza nell’anima delle persone che si interfacciano con lei.

Nonostante ciò Robert le nega più volte quello che chiede, la tratta e la caccia come una bambina venuta ad infastidirlo nel suo arduo compito di preparare la difesa della sua fortezza assediata. Poi cede e parte un viaggio disperato nel cuore della Francia
occupata, una manciata di compagni con Giovanna vestita da uomo che cavalcano nelle strade pregando di non imbattersi nei battaglioni inglesi.

C’è un qualcosa di tolkieniano in questo: compagni che si amano e che morirebbero l’uno per l’altro, partiti per una missione che ha dell’impossibile ma a nessuno importa, perché è in ballo il destino del regno e partirono senza indugio.

Giovanna riesce a parlare privatamente con il re Carlo di Valois, non si sa di preciso cosa si sono detti e di cosa hanno trattato, ma alla ragazza viene fatta un’armatura su misura, forgiata una sua spada e consegnato, quasi fosse diventata un cavaliere, uno stendardo bianco, simbolo di comando con raffigurato Nostro Signore Crocifisso.

Alla giovane viene chiesta una prova della sua parola: «per conto di quale signore vieni?» «Per conto di Dio» rispondeva.

Era l’ora della verità, Orleans era assediata dalle truppe inglesi da mesi ed era sul punto della resa. «Conducetemi ad Orleans e vi
mostrerò la ragione per la quale sono stata mandata». Comincia così, una contadina diciannovenne alla testa dell’esercito reale: fiera senza perdere la sua dolcezza di fanciulla, guidava lei stessa l’assalto. Si dice che tra le camerate dell’esercito i soldati facessero spesso dei commenti nei confronti della Pulzella, i soliti commenti che possono essere fatti da dei soldati vedendo una bella ragazza in mezzo a loro.

Si, Giovanna era una bella ragazza, ne abbiamo le testimonianze di suoi amici coevi alcuni dei quali possibile che si siano innamorati di lei. La piccola Jeannette però non tradiva la sua natura di donna e di guerriera, si dice che i soldati si vergognassero per aver pronunciato i soliti commenti fra di loro quando la vedevano passare; questo non perché la fanciulla fosse particolarmente autoritaria, ma perché la sua Grazia ispirava nel cuore degli uomini un sentimento di purezza che non poteva essere scalfito.

In battaglia Giovanna non smentisce la chiamata del suo Signore, Orleans è liberata e la ragazza della bassa Loira viene acclamata come un’eroina divenendo la “Pulzella d’Orleans”. La veloce vittoria ispirerà la letteratura che è seguita, mentre la speranza
divampava di nuovo in quella Francia che senza la sua pulzella non era capace nemmeno di vincere qualche banale scaramuccia con gli inglesi.

La campagna prosegue ma l’esercito del re non darà più l’appoggio a Giovanna che quindi viene seguita solo da chi voleva davvero seguirla in battaglia, per cui le fila dell’esercito rimangono salde benché si tratti di un piccolo esercito.

A Patay i commilitoni della piccola Jeannette rimasero sbigottiti quando dal furore della mischia videro la ragazza apparire con il comandante inglese Talbot prigioniero. Giovanna prosegue, senza
sosta, nella sua campagna, il re era incoronato come Dio voleva e man mano lei e il suo esercito riconquistavano le regioni di una Francia occupata ma di nuovo fervida di Fede nella vittoria finale.

Tutto questo mantenendo la cortesia che contraddistingueva le dolci fanciulle d’Europa, mantenendo se stessa come donna,
serva di Dio e guerriera dalle doti dimostrate in battaglia.

Purtroppo per la giovane finì male, vittima di un’imboscata dei borgognoni, venne imprigionata, interrogata e infine arsa sul rogo dell’ancora occupata Rouen.

Il processo fu una farsa architettata dagli inglesi e la santità della donna rese giustizia al bene che aveva fatto per coloro che le sono stati vicini, per Dio e per la sua patria.

Patriota, santa, guerriera e vergine consacrò la sua vita ad una missione superiore, a uno scopo che la portò a liberare la sua nazione e a diventare un esempio di vita per le generazioni future. Ancora oggi i francesi tengono molto alla loro figura di donna guerriera, esse è entrata di diritto nella Grandeur d’oltralpe, ma si tratta, a parer mio, di una figura di più ampio respiro: rappresenta la femminilità europea tanto nella sua
dolcezza di fanciulla, contadina e devota a Cristo, tanto di guerriera capace di conquistare i cuori degli uomini che l’hanno seguita e vista vincere in battaglia.

Ovviamente il personaggio è stato manipolato per gli intenti più meschini, le femministe la eleggono come figura di “emancipazione” dal “patriarcato”, allo stesso modo le destre la rivendicano come protettrice e patrona del nazionalismo francese.

Tuttavia non siamo qua a discutere se fosse stata una donna di destra o di sinistra, quello che deve interessarci è che fu una “donna”, autentica nella sua natura, guerriera ma non “ammaschiata”, forte ma non dura, determinata e credente come noi in uno scopo alto che attinge ai concetti metafisici che smuovono gli intenti del genere umano.

Il nostro augurio è che attraverso gli esempi dei grandi della nostra Civiltà, ci si mantenga a restare uomini gli uomini e donne le donne senza che le due cose si confondano nel mare liquido di ideologie che intendono sovvertire l’ovvio. Donne o uomini, è necessario rimanere fedeli a ciò che siamo, alla nostra mascolinità se uomini e alla nostra femminilità se donne senza confondere i ruoli, le prerogative e le specificità.

La donna è essenziale, lo è per la vita: “il pater familias e la mater familias, trasmettendo alla prole i principi che permettono ai figli di realizzare nella propria persona e nella storia del proprio popolo il modello perenne di Uomo e di Donna, trasformeranno la generazione biologica in rigenerazione spirituale e forniranno alla comunità persone capaci di testimoniare e difendere i valori comuni.

Prima ancora che sui campi di battaglia, la storia di Roma si forgiò nello spazio sacro della domus. Lì i futuri cittadini romani appresero a conoscere e amare il mos maiorum per poi difenderlo mediante l’esercizio del bellum iustum. L’esempio imperituro dei Trecento caduti alle Termopili fu preceduto dall’esortazione delle madri che nell’imminenza del combattimento, porgendo ai figli lo scudo, ingiungevano loro di tornare vincitori imbracciandolo, o trasportati su di esso se caduti sul campo di battaglia.

Assieme ai Trecento, che Leonida scelse tra i coniugati in modo da non ledere la continuità della stirpe, le madri, spose e figli di ciascuno di essi affrontarono un sacrificio non meno nobile né grande: il tributo delle lacrime, che non è meno prezioso del tributo del sangue”. (Mario Polia, Tradizione è Militanza, Edizioni Cinabro 2022).

Alla nostra Giovanna toccarono entrambi i sacrifici, del sangue e delle lacrime da fanciulla, restò donna anche in battaglia quando pianse durante la battaglia d’Orleans dopo che fu ferita da una freccia inglese all’altezza del seno sinistro, tuttavia non si
scoraggiò e vinse.

Che le donne d’Europa possano seguire questo glorioso esempio e possano essere costituite della stessa tempra di Giovanna, guerriera e Donna d’Europa.

In alto i cuori!

Letture:
– Régine Pernaud, Giovanna d’Arco. Una vita in breve. Edizioni paoline, Roma 1992.
– Hilaire Belloc, Giovanna d’Arco. La guerriera di Dio. Fede & Cultura, Verona 2018.
– Franco Cardini, Giovanna d’Arco. La vergine guerriera. Mondadori, Milano 2020.
– Régine Pernaud, La donna al tempo delle cattedrali. Civiltà e cultura femminile nel Medioevo. Rizzoli, Milano 1994.