Il fallimento del neoliberismo è piuttosto evidente, oggi infatti viviamo una miseria generalizzata in termini relazionali, una totale lontananza dalla felicità e una difficoltà economica diffusa e
conclamata.

In pochi attualmente analizzano questo disastro totipotenziale, quello che possiamo dire in modo rapido è che il neoliberismo prima di tutto ha fallito nella sua concezione di libertà, l’idea di questa filosofia infatti è quella di trovare la felicità nel totale libero arbitrio, pensando quindi a un rapporto dove l’incremento di autodeterminazione porta a un maggior appagamento.

Il principale problema è correlato proprio a questo postulato dato che il vivere solo in potenza e l’eterna possibilità di scelta non sono in grado di creare un’umanità felice, specialmente se questo
discorso è vincolato dentro una cornice monotematica di impronta consumistica.

Non possiamo rispondere alle esigenze umane solo con lo shopping, o guardando unicamente i bisogni primari, e non si riesce neanche ad arrivare a un benessere diffuso lasciando all’uomo la possibilità di definire “chi è” e “cosa è” sotto ogni aspetto.

Queste affermazioni non possono essere ignorate, dato che in Italia (1) e nel mondo americano (2) nonostante viviamo il boom della psicologia (con un percorso esistenziale e identitario relativo) non arriviamo alla felicità.

La diffusione di messaggi indiretti fallimentari

Se quindi l’essere non è una categoria totalmente opinabile e ridefinibile, e la felicità non è una questione esclusivamente legata alla “possibilità” e alle “risorse” resta da chiedersi quali sono gli altri fattori di questo disastro.

Un elemento nascosto che contribuisce al risultato negativo è quello fortemente individualista, perché nel neoliberismo tutte le azioni creano una società sempre più sola e triste: possiamo parlare dell’aborto che scavalca il regno della vita, del mondo finanziario che si basa sull’usura, della morale diventata un eudemonismo e di molto altro, sono tutti principi che si fermano ad una concezione esclusiva del singolo ed escludono nel loro pensare la comunità slegandosi da ogni prospettiva condivisibile.

Il mondo ormai non riesce a capire che le “pratiche” comuni, condivise ed accettate nella sfera neoliberale demoliscono qualsiasi possibilità di creare dei rapporti solidi, e di conseguenza non riescono a fondare una vera comunità e delle relazioni significative.

Una dimostrazione tangibile c’è osservando l’assenza di qualsiasi dottrina sociale che ri-lega il popolo e lo identifica, in questo clima ad esempio si nasce santificando la ricchezza (al contrario dei
comunisti che la condannano) senza percepire nessun ecosistema che sia in grado di farla convivere con la povertà, togliendo dalla sfera sociale qualsiasi messaggio vero e condiviso di solidarietà
diffusa (3).

Sofferenza filosofica

Nel presente inoltre il pensiero neoliberale non riesce a salvare l’insieme degli elementi: la nozione di persona, di lavoro e di stato sono subordinati a dei ragionamenti che vengono preceduti solo dalla possibile “convenienza” o dalla “libertà” personale.

Possiamo pensare anche a una differenza filosofica importante, per una società antica c’è un messaggio intrinseco nel concetto di famiglia che richiama diritti natura,identità e doveri, per il pensiero analizzato invece conta il risultato immediato (sostenibilità economica e affettiva) e non quello che è implicato ante rem o post rem.

Viene escluso a priori qualsiasi discorso che riguarda l’intera collettività, la nozione di finalità, la natura e la concezione di “altro”, questo rigetto diffuso porta solo a una razionalità immediata e monca figlia della modernità che pensa di reificare tutto il reale perdendo di vista gli effetti non misurabili, indiretti, remoti o latenti di una determinata scelta.

In sostanza quindi il neoliberismo ha creato un mondo estremamente efficiente in termini di produzione e di risultati in ambito tecnico, economico, industriale, ma è totalmente incapace di creare una collettività per via dei suoi ragionamenti individualistici e tremendamente ancorati al presente, non riuscendo a razionalizzare l’ente oltre il livello matematico.

“La mia libertà finisce dove inizia la tua” è una formula che si possono scambiare dei condomini che non si sopportano, ma è incapace di coinvolgere l’altro e non riesce a unire le “nostre” libertà, le nostre prospettive e le nostre scelte.

La prospettiva religiosa

Come si può tornare a una realtà comunitaria?

Resta impossibile una riforma immediata, ma resta plausibile la possibilità di convivere con gruppi organizzati nel mondo senza essere totalmente mondani, come hanno fatto le comunità cristiane che nella loro immensa bellezza hanno inviato un messaggio diretto e indiretto a tanti imperi che non avevano mai avuto la dimostrazione di un discorso religioso vero e profondo.

Vivere mentre si risale il fiume in direzione ostinata e contraria è la lettera personale che possiamo recapitare agli uomini pensando in modo realistico, se poi un giorno di fronte alle dimostrazioni
pratiche di una forte minoranza la massa si allontanerà dalla sua teofobia e dall’odio profondo verso l’universo cattolico probabilmente si può ipotizzare un rinnovo completo della società.

Il vero fascino religioso è proprio quello di saper capire i contesti e trascenderli volgendo lo sguardo verso Dio, come ha fatto Isaia,Ezechiele e Giona, e poi in seguito gli apostoli, i gruppi cattolici e i vari santi.

Parliamo di uomini che si sono schierati contro i falsi profeti, che hanno vissuto con rettitudine di fronte a tiranni e re spietati e hanno anteposto alla società dell’io una società che salva tutti fondata sull’Universale e sul noi.

(1) https://www.ilsole24ore.com/art/depressione-aumentano-casi-ma-3-italiani-4-considerano-ancora-fase-passeggera-AG3MRyS?refresh_ce=1

(2) https://www.ilfoglio.it/il-foglio-internazionale/2023/03/06/news/ansia-depressione-suicidi-in-america-c-e-una-pandemia-di-malattie-mentali–5025713/

(3) su questo punto va compreso che il successo imprenditoriale può generare una solidarietà concreta e continua all’interno della propria comunità di riferimento in quanto quest’ultima viene
riconosciuta come una realtà dotata di valore e identità in cui noi ci rispecchiamo, creando un vero ecosistema naturale, al contrario di oggi dove la ricchezza è concepita solo come crematistica o
come idea di vanità