I social network hanno creato un nuovo mestiere, quello dell’influencer, ennesimo termine anglosassone coniato per definire chi, attraverso foto e messaggi in rete, appunto “influenza” la schiera dei propri seguaci, i cosiddetti follower.

Ma chi sono gli influencer? In generale, o almeno così dovrebbe essere, sono persone dotate di intuito commerciale in grado di orientare il mercato verso determinate scelte, della moda ma non solo; le aziende, quindi, usano le abilità comunicative di questi per aumentare il proprio bacino pubblicitario. 

Fin qui, non ci sarebbe nulla di insensato, anzi, è tutto perfettamente in linea con la società consumistica in cui viviamo. La questione diventa preoccupante quando gli influencer vengono osannati quali nuovi decisori del nostro modo di pensare, oppure nuovi modelli non a cui ispirarsi, ma con cui fare finta di condividere la vita (e il lusso) per non fare i conti con la propria condizione. 

Infatti, a differenza di sportivi, artisti, musicisti, attori, gli influencer non offrono un modello di ispirazione a cui ambire (ad esempio, voler diventare un bravo calciatore o un bravo chitarrista), ma basta obbedire a ciò che l’influencer pubblica in rete per identificarsi con lui. È vero, esiste l’ammirazione anche per le categorie sopra citate, ma tra essere fan ed essere un follower la differenza è enorme. Il fan può essere deluso dal suo beniamino, il follower adatta invece sé stesso a ciò che dice l’influencer.

Inoltre, spesso il fan segue anche la vita privata di chi ammira per averne anche un quadro normale, più simile a lui, per ricordarsi che le persone da lui prese a modello sono esseri umani. Quello che per il fan è quindi semplice gossip, per il follower diventa parte della sua vita, una vita di cui riconosce la mediocrità e che viene trasferita in rete accanto allo champagne stappato sullo yacht dell’influencer.

Chi ha da ridire su questo atteggiamento viene bollato dal follower come invidioso, ignorante, hater, non al passo coi tempi. Ed ecco la natura ambivalente dell’influencer: solitamente attivo anche politicamente sfruttando la propria immagine commerciale, l’influencer abbraccia in generale idee progressiste, parlando di inclusione, amore, uguaglianza, e quindi condizionando il voto, ma al contempo ostenta il proprio stile di vita esclusivo tra gli applausi dei suoi adepti, che costituiscono de facto una vera e propria religione laica, a cui bisogna aderire per non essere fuori moda – ovviamente la moda decisa dall’influencer.

E questo potere è stato quindi trasferito dai media anche sulle categorie citate sopra: ad esempio, alcuni calciatori non sono più oggetto di tifo o fonte di ispirazione, ma diventano anche loro, indirettamente, influencer. Come non ricordare i molti giornali sportivi che, invece di mettere l’accento sulle varie discipline, in molte delle quali l’Italia ha stravinto, preferiscono pubblicare le foto del calciatore più pagato che cena in un ristorante lussuoso; o del cantante/attore che mostra il figlio appena nato dicendo con vanto che lo farà giocare anche con le bambole. 

Diciamo quindi che l’uomo e la donna virtuosi e intelligenti non hanno bisogno di un milionario che dica loro come vestirsi e come pensare, bisogna riscoprire la propria identità individuale in un mondo in cui l’estremo individualismo ha portato all’annichilimento quasi totale. 

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