Altro che Kali Yuga o oscura età del ferro, siamo nel bel mezzo dell’età della mota, giusto per usare un eufemismo che inizia con la lettera m.

Viviamo in un periodo in cui le certezze che contano nella vita di un uomo – che non appartengono al prima o al dopo ma che sono di sempre, in quanto connesse alla natura immutabile delle cose e dell’ordine che le caratterizza – sono stravolte, calpestate e considerate degne di essere buttate nel dimenticatoio della storia, per far posto a nuove certezze buone solo a caratterizzare società invertite. Proprio come satana, l’invertito per antonomasia, comanda.

In siffatto contesto la Mater et Magistra per eccellenza, la Chiesa, non solo latita ma è addirittura passata al nemico, abbracciando il mondo, appecoronandosi a lui e proponendo una pastorale ispirata alla canzone «Imagine» che inneggia al piattume spirituale e che dissolve l’uomo nei vani pensieri. Ci hanno messo una sessantina d’anni i fautori della cosiddetta «Chiesa postconciliare» ad inertizzare la pastorale rendendola docile alla mentalità mondana e laicista, ma alla fine pare ce l’abbiano fatta.

Grazie a questa nuova pastorale, molti cristiani sono diventati adulti e progressisti, e hanno imparato a leggere il Vangelo secondo i dettami di una chiesa (il minucolo è d’obbligo) che con Gesù Cristo non ha nulla a che vedere.

La latitanza della vera Chiesa e la comparsa di una sua diabolica caricatura (ci riferiamo alla «chiesa postconciliare» o «vaticanosecondista») sia il segno che i tempi ultimi sono forse giunti. Nei Cantos, Ezra Pound (rivolgendosi al poeta T. Eliott, il Possum) dice:

«Eppure dite questo al Possum: uno schianto, non una lagna,

uno schianto, non una lagna».

Se la caduta del fascismo era avvenuta con uno schianto, simboleggiato dallo scempio compiuto a Piazzale Loreto (al quale Pound fa riferimento), ora noi Cattolici, figli di Santa Romana Chiesa, non facciamoci illusioni in quanto non ci sarà nessuno schianto e nessuna  battaglia da combattere armi in pugno, perché proprio la Chiesa – o meglio, la caricatura che ne ha momentaneamente preso il posto – ha abolito il «proelio»: non c’è luogo per una estrema resistenza armi in pugno contro un nemico, perché il nemico la Chiesa di oggi non lo indica come tale, anzi lo cita ad esempio! Altro che fuga di Re «sciaboletta» e Badoglio, qui siamo al peggiore dei tradimenti, quello consumato nei confronti di Dio.

Altro che schianto, di questo passo il tutto filerà liscio come l’olio verso il basso con una lagna simile a una loffa (rumore e odore degni dei tempi) e non ci sarà luogo per battaglie onorevoli.

Il mondo eretico – il più materiale, quello della globalizzazione massacratrice di popoli ed endemicamente nemico della Fede – ha demandato alla «chiesa postconciliare», il compito di inertizzare l’uomo e creare le situazioni migliori affinché non ci siano occasioni di onorevoli scontri virili dove gli orchetti rischierebbero di essere spazzati via dalla verità e dal valore.

Quella pseudo-chiesa ha brigato affinché non esistessero più il SI e il NO ma solo un confuso NI e tanta ambiguità da opporre all’etica grifagna del libero mercato, a quella anarchica dei centri sociali, alla follia LGBT, all’immigrazione clandestina e criminogena, alle barzellette dei suoi preti alla Don Gallo o Biancalani, all’aborto liberalizzato, all’eutanasia, financo all’eresia e all’adulterazione dell’Evangelo, dal quale ha espunto tutto quello che indica nella persona di Gesù quel «segno di contraddizione» profetizzato dal dottore del tempio che lo aveva riconosciuto come il Messia bambino.

E quella pseudo-chiesa ha realizzato le condizioni affinché nessuno potesse giustificare lo scontro tra il bene e il male, fra il giusto e l’ingiusto, fra il SI e il NO (e l’ignavo NI). Come? Semplice, inventandosi un falso Gesù perché – nonostante quanto affermato dalla chiesa bergogliana – Gesù non è un pacifista. Egli era «segno di contraddizione»: già da bambino aveva zittito i genitori preoccupati della sua assenza mentre lui era nel tempio ad occuparsi delle cose del padre suo (non andava per il sottile il bambin Gesù); adulto non lesinava con le invettive contro gli ipocriti farisei «serpenti» e «razza di vipere»,  e non ha nemmeno disdegnato di fustigare con la cinta della sua tunica i mercanti del tempio e nemmeno ha esitato a condannare ad annegamento, con tanto di macina al collo, coloro i quali avrebbero scandalizzato i più piccoli. E, colmo dei colmi per i pacifisti, ha elogiato e benedetto un centurione romano.

La «chiesa postconciliare», travisando surrettiziamente la verità evangelica, ha favorito tutto ciò che è più aderente a quell’inno all’ignavia che corrisponde alla canzone «Imagine», piuttosto che a Gesù ed al suo insegnamento. Come se non bastasse poi, con l’ultima enciclica di Bergoglio, anche San Francesco il Santo che «fu tutto serafico in ardore» – è stato ridotto a un hippy proprio come la vulgata modernista vuole. Abolire ogni segno di virilità è evidentemente uno dei compiti che l’oligarchia mondialista e negatrice della regalità di Cristo – a cui la setta modernista si è votata – ha affidato alla «chiesa postconciliare».

Purtroppo, complice l’eclissi della vera Chiesa, siamo alla Crociata inversa, ossia ci troviamo in una condizione in cui se intraprendi la via del «proelio» per la difesa dell’ultima ridotta, rischi di fare il gioco del nemico, vieni dissolto (difficilmente abbattuto, sarebbe sconveniente per loro) senza nemmeno essere stato utile alla causa. Non ti è concesso di cadere in battaglia, vieni sovrastato dal vociare degli orchetti con tanto di gracchiante sessantottardo megafono, e, una volta sparito, il tuo pensiero sarà stravolto da una Norimberga ancor più falsa e vergognosa di quella del 1945.

Troppo onorevole la battaglia per chi come satana e i suoi corifei fa strame dell’onore, ecco perché ha ordito il tutto affinché non vi siano confronti virili tra il giusto e l’ingiusto, tra la verità e la menzogna, tra l’uomo dabbene e il vile. Complice una pseudo-chiesa, covo di impostori degni di essere annoverati tra i seguaci dell’angelo ribelle e traditore.

Non sempre l’eroismo sta nel combattimento fisico e materiale (quello armi in pugno, per intenderci), l’eroismo si manifesta anche in chi – agendo sempre nel solco della verità e dell’onore – sul solo piano morale mantiene la posizione di fedeltà all’ordine naturale, a Cristo ed alla vera Chiesa, anche a costo della riprovazione e della emarginazione sociale.

Certo sarebbe preferibile l’azione, ma questo è il momento della resistenza (chi avrebbe immaginato di utilizzare questa parola …). Resistenza d’onore, non certo di tradimento. Una resistenza in piedi, non acquattata; esposti agli sputi, alle menzogne, alle provocazioni, alla riprovazione dei ben pensanti conformi alle follie del «politicamente corretto». Questo è il combattimento di oggi, questo è l’eroismo a cui si è chiamati per non soccombere.

Guardiamoci intorno, le rovine purtroppo incombono senza che ci sia stata una guerra che avremmo potuto combattere con valore … Questa distesa di rovine merita un presidio, noi.

Che il mondo intero veda i cristiani in piedi con i loro rosari, le loro reliquie, e le loro insegne: il Chrismon di Costantino, l’effigie dell’Arcangelo Michele e il labaro della battaglia di Lepanto.

A noi è chiesto, dall’Alto, di rimanere in piedi in mezzo alle rovine. Proprio come cantava una vecchia canzone dei Parà: «mostrare vogliamo al mondo che nelle rovine in piedi sarem».

Stravaccati sulle rovine a menar la lingua «I mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà» armati delle più immonde e letali armi: la menzogna, il pettegolezzo, l’ipocrisia … In piedi, ritti, silenziosi e indomiti presídi di verità, noi figli di Santa Romana Chiesa.

Sì, ora ci è chiesto, dall’Alto, di rimanere in piedi in mezzo alle rovine reggendo la croce di Cristo, manifesti testimoni della venuta del Figlio dell’uomo nella gloria, questa è la nostra battaglia, vestiamo i nostri migliori abiti da festa e alziamoci … «Il giuramento (del battesimo) chi mai rinnegherà!?».

In piedi, affrontati agli sputi, agli oltraggi e alla menzogna urlata … questa è oggi la nostra onorevole battaglia, questa è la nostra resistenza.

Articolo di Corrado Corradi e Marco Sudati

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